Il Catasto vada in pensione. Ma senza assegno

Mattias Mainiero

Ora si capisce a cosa è servito il censimento che doveva essere usato a fini statistici. Una delle domande riguardava la superficie dell’alloggio in cui si risiede. Fini statistici? No. I dati finiscono a disposizione di chi li userà per calcolare le nuove imposte sulla casa. Casualmente la base imponibile non è più calcolata sul numero di vani ma sui metri quadrati. Il censimento era quindi uno strumento per acquisire dati preziosi specie in quelle zone dove il catasto non esiste. Rolando Spinelli e.mail Permette? Finiamola. Basta con queste dietrologie. Così facendo, ci roviniamo la salute e non risolviamo nulla. Ormai viviamo blindati. Siamo incapsulati nella diffidenza, che genera timore, e il timore provoca nuova diffidenza, in una spirale perversa che ci frulla e ci annienta. Vediamo tranelli dappertutto. Non è così, almeno non sempre. Andiamo al dunque: il censimento non c’entra con la riforma del catasto. Ci hanno chiesto i metri quadrati dell’abitazione in cui risiediamo perché, se ci avessero chiesto il numero di vani catastali, solo qualche geometra avrebbe saputo rispondere. I metri quadrati li conoscono tutti. Il vano catastale - a volte un quarto di vano, superficie minima in linea di massima non inferiore ai 7 metri quadrati ma con variazioni da Comune a Comune - è roba da specialisti. Noi siamo solo cittadini che dovevano rispondere ad un questionario per permettere di capire in quale Paese abitiamo. Tutto qui. Quanto alla riforma del catasto, una sola osservazione: il sistema è nato nel 1939 e dimostra tutti i suoi anni, nonostante le ripetute riforme. Un sistema assurdo che genera tasse se non altro strampalate: oggi l’Imu o Ici si paga sul valore catastale dell’immobile con l’aggiunta di una rivalutazione, valore che di solito è tre o quattro volte inferiore a quello di mercato. In media, però. Poi, in certe città come Napoli, è dodici volte inferiore (fonte: Il Sole 24 Ore). In altre solo una o due volte. In altre ancora quattro o cinque. Differenze enormi. Sperequazioni. Approssimazioni. Fortunati e sfortunati. E noi, caro Spinelli, vogliamo l’equità. Non le pare? E allora che ben venga la modifica: se i lavoratori non possono più andare in pensione, almeno mandiamo in quiescenza il vecchio Catasto. Ma senza assegno. Senza nuovi sacrifici per gli italiani. Di tasse, imposte, Imu, Ici, accise, balzelli ne abbiamo pagati già troppi. mattias.mainiero@libero-news.eu