L'ultima furbata della casta

Mattias Mainiero

Buona notizia e bel gesto da parte del Senato: gli inquilini di Palazzo Madama hanno deciso di abolire il loro vitalizio. Non è molto, ma è qualcosa. Penso che anche la Casta, con estrema lentezza, risentirà della crisi economica. Ogni tanto una soddisfazione. Giovanni Irene e.mail Bel gesto? Buona notizia? Lasci stare, non si faccia influenzare dalle promesse e dal nuovo clima di concordia (a parole). Questa è ipocrisia, demagogia. Raccontiamola un po’ meglio di quanto facciano i diretti interessati: i mercati crollano, la crisi si aggrava, la Merkel comanda condannandoci a nuovi sacrifici e la Casta, nonostante tutto, non cambia. La Casta fa la mossa, niente di più. E’ vero: Palazzo Madama ha abolito il vitalizio, ma di fatto non lo ha abolito ancora. Per ora siamo alla dichiarazione di intenti. Intenti preoccupanti, perché la promessa di abolizione (per il momento si tratta solo di questo) riguarda i parlamentari eletti a partire dalla prossima legislatura. Motivo? I diritti acquisiti, spiegano i senatori, non si possono toccare. E che c’entrano i diritti acquisiti con la legislatura ancora in corso? Possibile che questi inalienabili nonché costosi e iniqui diritti si acquisiscano ancor prima di ottenere il vitalizio? Se il ragionamento valido per i senatori fosse applicato a tutti i normali lavoratori, le cose funzionerebbero così: coloro che hanno già un’occupazione (non importa se sono ventenni o cinquantenni o sessantenni, se lavorano da un giorno o un decennio) hanno diritto ad ottenere la pensione secondo le regole in vigore al momento in cui hanno cominciato a lavorare. I neonati no, loro non hanno diritti acquisiti. Neppure i ragazzini e i giovani disoccupati. Ergo, qualunque modifica del sistema pensionistico italiano, qualunque miserrimo ritocco non sarebbe possibile. Sistema immodificabile. Meglio: modificabile, ma solo fra una quarantina d’anni. I parlamentari no. Loro appartengono ad un altro pianeta, il pianeta dei privilegi. Sarà pure populismo, ma il discorso prevede l’ovvia postilla: i nostri diritti, per motivi di cassa, di crisi e soprattutto per la cattiva gestione della cosa pubblica, vengono toccati e calpestati ogni giorno. Sui nostri diritti gravano perenni lavori in corso. I loro diritti sono più diritti di qualunque altro diritto. Ottimo gesto, caro mio. mattias.mainiero@libero-news.eu