Crisi coniugale a sinistra
Inaffidabile e senza votiBersani è già stufo di Vendola
di Barbara Romano Fosse per lui, Pier Luigi Bersani rimarrebbe single. Politicamente, s’intende. Messo alle strette, sposerebbe solo Pier Ferdinando Casini. Anche se con lui, ufficialmente, non si è ancora neanche fidanzato. La verità è che né il leader dell’Udc né il capo di Sel, con il quale invece ha già affisso le pubblicazione dell’alleanza, lo fanno impazzire. Di quest’ultimo Bersani non sopporta l’ambiguità per cui ha siglato l’intesa col Pd ma si è candidato alle primarie contro di lui, e questo suo voler riformare a tutti i costi il triangolo con Tonino Di Pietro. A Pierferdy, invece il segretario del Pd non perdona i trascorsi berlusconiani. Ora Casini dirà pure peste e corna del Cav, ma per anni lo ha sostenuto al governo. Questa damnatio può essere occultata momentaneamente dagli opportunismi della contingenza pre-elettorale, usando i punti in comune come pezze d’appoggio: europeismo e ossequio delle istituzioni. Ciò che più rende attraente Casini agli occhi di Bersani è il fatto di essere indispensabile in qualunque combinazione parlamentare. Ma anche i voti che l’Udc porterebbe in dote: negli ultimi sondaggi spicca come unico partito in crescita - oltre al Movimento 5 Stelle - dato sopra al sette per cento. Mentre Sel non sembra spostarsi dal cinque. Nessuno si sbilancia prima che si scopra la carta della nuova legge elettorale. «Se verrà attribuito il premio di maggioranza al partito, si corre tutti da soli e chi ha trama tesse», pronostica un autorevole esponente della sinistra moderata, escludendo che «l’imbastitura delle alleanze avvenga in una dinamica pre-elettorale». Nel Pd molti scommettono che «chi uscirà ridimensionato dalle elezioni sarà Vendola», il quale, secondo i detrattori, pagherà «il fallimento sul piano amministrativo» come governatore della Puglia e di «aver perso smalto sia sul piano carismatico, sia identitario». Inoltre, la sua ridiscesa in campo per le primarie, com’era prevedibile, non è piaciuta per niente a Bersani. Il segretario ha fatto buon viso a cattivo gioco, ma dietro le quinte borbotta: «Candidandosi, Vendola fa più male a me che a Renzi». È chiaro che più sono i cavalli in corsa e più è difficile che Bersani stravinca. Inoltre, per il leader del Pd, l’Idv è un capitolo chiuso. Lo ha detto chiaro e tondo quando ha presentato la Carta d’intenti, nella quale ha delimitato il campo di gioco a sinistra senza nascondere la funzione egemonica che lui attribuisce al Pd nell’ambito della futura coalizione. E con il segretario del Pd, sono in tanti a via del Nazareno ad avergliela giurata al fondatore dell’Idv. «Dopo le sue sparate contro l’Europa e contro Napolitano, una nuova alleanza con Di Pietro sarebbe contro natura», sferza un plenipotenziario di Bersani. E ieri Tonino è tornato ad attaccare il Capo dello Stato dalle colonne del settimanale Oggi, rinfacciandogli di «aver coltivato i suoi rapporti con Mosca quando era presidente della Camera». Durissima la replica del Colle: «Di Pietro ricorre a nuovi, assurdi artifizi provocatori nel quotidiano crescendo di un’aggressiva polemica personale contro il Presidente della Repubblica». Magari alla fine Bersani li sposa tutti e due. Ma poi i coniugi dovranno fare i conti con il territorio. All’alleanza con l’Udc , i ras di Sel in Sicilia, Campania e Umbria, Erasmo Palazzotto, Arturo Scotto e Luigi Bori, hanno già risposto «mai». Idem il coordinatore centrista della Calabria, Gino Trematerra: «Ipotesi non realizzabile». Con Casini, i compagni si tureranno pure il naso, ma è tutta un’altra storia. È pur vero che nel centrosinistra Pier è visto un po’ come «il Craxi della Seconda repubblica». Ma anche chi non lo ama, non nega che il leader centrista sia il montismo fatto persona. E, in quanto tale, garante di quella continuità con la linea europeista del rigore dell’esecutivo tecnico sostenuta dalla sinistra riformista e soprattutto dagli sponsor della grande coalizione che puntano a riportare al governo lo stesso premier. Un partito trasversale, che prospera soprattutto nel terzo polo. Uno dei fan più sfegatati è il finiano Deodato Scanderebech. Il suo obiettivo è costruire una «coalizione nazionale» che va da Fli all’Udc, alla lista civica Membri governo, alla lista Montezemolo, alla lista ex Pdl. Ma il suo vero sogno - ci crede al punto di definirla «la vera novità dei prossimi mesi» - è «la costituente della coalizione in cui Monti, Casini e Fini lanceranno il progetto programmatico nel percorso iniziato del risanamento e rilancio dell’economia».