E' ripartito l'assedio dei magistrati
Sicilia, regione è fallitaMa Ingroia pensa al Cav:convoca lui e Marina
Silvio Berlusconi annuncia il suo ritorno in campo e con precisione scientifica riparte l'assedio giudiziario. Questa volta a tirarlo in ballo è la Procura di Palermo che, si è appreso, lo aveva convocato per lunedì 16 luglio nell'ambito della trattativa tra Stato e mafia che sta tenendo banco in queste ultime settimane per le intercettazioni di Giorgio Napolitano. Il Cavaliere, però, si è negato alle toghe spiegando che era impegnato nella riunione con un gruppo di economisti a villa Gernetto. La notizia della convocazione è stata di fatto confermata dal pm di Palermo, Antonio Ingroia, che a Sky Tg 24 ha commentato: "Non smentisco le indiscrezioni giornalistiche". Berlusconi però si è negato, e così è scattata la controffensiva delle toghe: ecco spuntare la notizia che Marcello Dell'Utri, il senatore del Pdl, è indagato a Palermo, nella medesima indagine, per estorsione ai danni del Cavaliere. Un escamotage per trascinare in Sicilia Berlusconi. E non solo lui. Già, perché l'assedio è ripartito in grande stile, e Ingroia ha convocato nell'isola anche Marina Berlusconi, la figlia e presidente di Fininvest, in veste di parte offesa nell'ambito dell'indagine a carico di Dell'Utri. Lo sfogo del Cav - "E' ripartito il circo giudiziario - ha commentato Berlusconi con i suoi fedelissimi -. Che strana coincidenza: appena annuncio l'intenzione di presentarmi alle elezioni, ecco che riparte la caccia all'uomo. Le toghe - ha concluso il suo sfogo - vogliono svergognarmi prima del voto". Secondo quanto si è appreso, i pm avevano convocato l'ex premier in veste di persona informata dei fatti, in sostanza come testimone, nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa che si sarebbe svolta all'inizio degli anni '90 per porre fine alle stragi organizzate da Cosa Nostra. La convocazione è arrivata dal pm Antonio Ingroia, ed era prevista per la vigilia del giorno in cui il premier Mario Monti ha spinto sul governatore della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, affinché rassegnasse le sue dimissioni. "La Sicilia sta fallendo", ha tagliato corto Monti, e Lombardo chiosa: le dimissioni arriveranno? Sì, ma forse non nei tempi chiesti dal Professore. E in un contesto esplosivo e scivoloso, nella regione simbolo del clientelarismo, degli sprechi e della corruzione, il pm Ingroia che fa? Pensa bene di convocare Berlusconi, piuttosto che concentrarsi sui problemi di una Regione allo sbaraglio. Prestiti infruttiferi a Dell'Utri - Alcune fonti hanno riferito che le toghe di Palermo vorrebbero avere maggiori informazioni su alcuni prestiti infruttiferi fatti da Silvio Berlusconi a Marcello Dell'Utri, indagato nell'inchiesta perché sospettato di essere stato nel 1994 il portavoce delle minacce mafiose nei confronti di Berlusconi in quel momento per la prima volta alla guida del governo. Come detto, il premier non si è presentato a Palermo dopo aver invocato il "legittimo impedimento": era impegnato nel summit con economisti e politici, l'euro e il Vecchio Continente all'ordine del giorno dell'incontro promosso dall'ex ministro Antonio Martino che è durato circa 8 ore. L'indagine - L'inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia muove dal presupposto che Cosa Nostra a partire dal 1992, con l' omicidio dell' esponente democristiano Salvo Lima, cominciò a fare pressioni sui vertici dello Stato al fine di ottenere concessioni ed agevolazioni. Secondo i pm di Palermo tali pressioni non trovarono rifiuti: ci furono contatti tra il 1992 e il 1994 con "pubblici ufficiali ed esponenti politici di primo piano" disposti a concessioni pur di allentare la pressione della criminalità organizzata. In questo quadro andrebbero inseriti, sempre secondo l'ipotesi di accusa, l'attentato di via D'Amelio in cui furono uccisi Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta e le stragi dinamitarde di Firenze (maggio 1993, 5 morti) Roma (luglio 1993) e Milano (luglio 1993, 5 morti). Queste bombe furono proprio la feroce risposta dei corleonesi diTotò Riina all'inasprimento del carcere per i boss e alla trattativa che non andava avanti. Gli indagati, al termine dell'inchiesta durata 4 anni, sono 12, tra boss mafiosi, politici e rappresentanti delle istituzioni. E' nell'ambito di questa inchiesta che è scoppiato il clamoroso dissidio tra il Quirinale e la Procura di Palermo sulle intercettazioni del Capo dello Stato, per le quali Giorgio Napolitano ha chiesto alla Corte Costituzionale un parere sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.