Spending review a viale Mazzini
Rai, il presidente Tarantolasi taglia lo stipendio
Mercoledì prossimo sul tavolo del Cda Rai ci saranno gli emolumenti del neo presidente Anna Maria Tarantola. In particolare, nel corso del consiglio dovrebbe essere il consigliere indicato dall’azionista, Marco Pinto, a proporre il compenso per l’ex vice direttore di Bankitalia, la quale, al momento della votazione, dovrebbe uscire dal Cda. Quello del presidente non è un vero e proprio contratto: semplicemente, al momento dell’accettazione dell’incarico, scatta un rapporto di collaborazione con l’azionista. Ne consegue, quindi, che il legame con l’Azienda di viale Mazzini si scioglie allo scadere del mandato. Così è avvenuto, infatti, per il predecessore di Anna MariaTarantola, Paolo Garimberti, il cui rapporto con la Rai è cessato al momento dell’insediamento del nuovo Cda. Il suo compenso era di circa 440 mila euro annui, ma quello della neo presidente sarà ridotto. Del resto è stata lei a dire che la priorità sono i conti e il taglio di stipendio sarebbe un segnale importante sul fronte di quel rigore invocato come un tratto distintivo dell'era Monti in Rai. Anche viste le polemiche sollevate dal compenso del direttore generale Luigi Gubitosi che ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato e uno stipendio da 650 mila euro l'anno. I problemi dell'azienda sono noti: a fine anno è atteso un rosso tra i 60 e i 100 milioni di euro, con un indebitamento intorno ai 300 milioni. Tra le possibili operazioni di cui si parla per risanare i conti c'è la cessione degli asset passivi Ray Way, che potrebbe iniettare nelle casse dell'azienda intorno ai 500 milioni; la dismissione parziale del patrimonio immobiliare (da tempo si parla della vendita di Viale Mazzini e via Teulada, ma anche di Palazzo Labia a Venezia); il taglio delle collaborazioni dei pensionati; la revisione del perimetro dell'attività aziendale (e quindi la riduzione degli attuali 14 canali), con eventuali interventi sul personale in esubero; misure per il recupero dell'evasione del canone, che pesa per circa 500 milioni di mancati introiti.