Pisapia
Da Milano a Palermola primavera arancionefa la fine di quella araba
Ha detto Piero Fassino, Primo cittadino di Torino, in un’intervista a Repubblica: «La possibilità di liste civiche che si avvalgano dell’appoggio dei sindaci è un’ipotesi che non scarterei». Ovviamente, si riferiva alle prossime Politiche. Ovviamente, pensava ai sindaci di sinistra. Altrettanto ovviamente, anche se non lo ammetterà mai, diceva una fesseria. Capita, talvolta, anche agli uomini intelligenti. Radiografia di un fallimento che Fassino vorrebbe esportare a livello nazionale (evidentemente non gli bastano quelli di Bersani e compagni vari). Da dove cominciamo? L’uomo giusto è Luigi De Magistris, Giggino per gli amici (preferibile la versione con due “g”, napoletanamente più corretta). Giggi ‘a manetta è ’nu fenomeno, a livello nazionale potrebbe reggere benissimo il confronto con Veltroni e Di Pietro e pure Rutelli. Con Giggino prendi tre e paghi uno. Ha detto Riccardo Realfonzo, che non è un signore qualsiasi ma l’ex assessore napoletano al Bilancio ed ex uomo di fiducia di Giggino: con De Magistris, Napoli «va velocemente verso il crac finanziario». Giggino è l’uomo del default. E’ arrivato a Palazzo San Giacomo e Moody's ha assegnato a Napoli il rating BA1. Quasi spazzatura, per eliminare la quale non basta un inceneritore. Per Fitch, il declassamento è da BBB+ a BBB. Se non è spazzatura poco ci manca. Una mezza munnezza, dicono a Napoli, anche quella dei miracoli mancati, quella dove le aziende partecipate dal Comune registrano un rosso di bilancio pari a 1,3 miliardi di euro, quella delle defezioni a catena, di Roberto Vecchioni (presidente incaricato del Forum delle culture) che arriva e va subito via, dell’assessore alla Sicurezza che se ne fugge, dei dirigenti (Raphael Rossi, destinato a occuparsi di rifiuti) che vengono rimossi dagli incarichi. La Napoli del disordine amministrativo e delle 350 maestre degli asili comunali che a settembre, per mancanza di contratti e di soldi, rischiano di non tornare in aula. Nel frattempo, in città si parla di nuovi condoni edilizi per fare cassa (pratica berlusconiana, fino a ieri deleteria), di quartieri a luci rosse per le prostitute e di sportelli per alleviare le sofferenze di gay e transessuali, cosa meritoria, ma alla quale si poteva pensare dopo aver sistemato gli asili comunali. Un flop di tutto rispetto. Scendiamo più a Sud: Palermo, feudo di Leoluca Orlando, altro sindaco della trasparenza, altro sindaco dei Valori rimasti sconosciuti. A Palermo, Ugo Marchetti, ex vicesindaco, ex assessore al Bilancio, generale della Guardia di Finanza, magistrato della Corte dei Conti, alfiere della legalità, ha abbandonato, dopo due mesi, il sindaco. Non lo ha solo abbandonato. Lo ha abbandonato è a detto: «Non mi è piaciuto nulla, dal punto di vista procedurale, legale, etico Non si scelgono i responsabili di aziende pubbliche senza tenere conto di storie, capacità, di che cosa propongono, di che piano fanno». Intanto, per ammissione dello stesso Orlando, Palermo è sull’orlo del default. La colpa, ovviamente, sarebbe del governo. A chiacchiere tutti i sindaci sono bravi. Leoluca Orlando si sta dimostrando bravissimo. Dal Sud al Nord: Federico Pizzarotti, Primo cittadino di Parma, grillino, campione anche lui della legalità. Ha scritto il Corriere della Sera: è un sindaco al rallentatore. Per formare la giunta, Pizzarotti ha impiegato 46 giorni. Ventiquattro ore dopo, un assessore, chiacchierato, si è dovuto dimettere. Evidentemente, 46 giorni per decidere in modo giusto erano pochi. In compenso, il sindaco va al lavoro in bicicletta (pieghevole). Politicamente corretto, demagogicamente eccelso. In compenso, tutte le sedute del consiglio comunale (trasparenza oblige) vengono trasmesse in diretta streaming. E tutti sanno che le vere decisioni non si prendono in consiglio ma dietro le quinte, senza diretta streaming. In compenso, il Comune non è ancora tecnicamente fallito, ma l’Imu è tra le più alte d’Italia. In compenso, Fassino, che è uomo intelligente, vorrebbe liste civiche con l’appoggio di questi sindaci. Come lo vedete Pizzarotti capolista? Ancora Nord: Giuliano Pisapia, che - bisogna ammetterlo - si è dato molto da fare. Per esempio, si è fatto bocciare dal Consiglio di Stato per quanto riguarda l’accesso delle auto al centro cittadino. Per esempio, per tappare i buchi di bilancio, ha deciso di dismettere i gioielli di famiglia. E la magistratura ha aperto un’inchiesta. Per esempio, ha deciso - giustamente - che Milano doveva essere più sicura. E anziché parlare con poliziotti e carabinieri ha avviato il dialogo con la comunità musulmana per la costruzione di moschee di quartiere. Aveva promesso una città per tutti e a misura d’uomo, Pisapia. Per ora è aumentato il biglietto dei mezzi pubblici. Anche questa è una misura della difficoltà di vivere a Milano. Dice Piero Fassino: i sindaci sono ineleggibili, ma non escluderei la possibilità di liste civiche che si avvalgono del loro appoggio. Dice il sindaco Massimo Zedda, Primo cittadino di Cagliari, vendoliano, altro uomo della primavera mancata (peggio di quella araba): «Pisapia, De Magistris e io abbiamo il dovere di indicare un percorso, di proporre un’idea al Paese». E ora, col permesso di Fassino e Zedda, una cosa vorremo dirla anche noi. Anzi, vorremmo fare una domanda: voi vi fidate di questi signori? Noi abbiamo qualche perplessità, ma potremmo sbagliarci: forse le primavere arancioni devono essere fatte così, come i grigi inverni. Sarà colpa di un anticiclone. Chiamatelo, se volete, Incompetenza. Caligola e Lucifero, al confronto, sono robetta. di Mattias Mainiero