L'editoriale
Il ministro ci dà ragioneFini e i suoi impazziscono
di Maurizio Belpietro L’arroganza degli esponenti della Casta non conosce limiti. È bastato infatti che il ministro dell’Interno dicesse senza reticenze o formalismi che le nove camere d’albergo prenotate per due mesi dalla scorta di Fini in un hotel di Orbetello «sono uno spreco da eliminare», perché Italo Bocchino ne chiedesse le dimissioni. Con un comunicato diramato nel primo pomeriggio di ieri alle agenzie, la ruota di scorta del presidente della Camera ha definito Anna Maria Cancellieri inadeguata, accusandola di aver violato i suoi doveri, definendola un funzionario di provincia in pensione che non può rimanere alla guida del Viminale. Vi chiedete cosa abbia fatto di male l’ex prefetto di Bologna (dove ancora la rimpiangono) per essere messa nel mirino dal vicepresidente di Futuro e Libertà, partito che sostiene il governo di cui il ministro dell’Interno è esponente di spicco? Semplice: ha detto la verità. Fuori dai comunicati ufficiali, dalle dichiarazioni stampa politicamente addomesticate in cui si riconosceva che la scorta del presidente della Camera è organizzata dal Viminale, il giorno di Ferragosto Anna Maria Cancellieri si è lasciata andare a qualche confidenza con Francesco Merlo, giornalista di Repubblica, il quale, aperte le virgolette, ha riportato il discorso di cui, per comodo del lettore, riassumo le parti salienti. Le stanze tenute a disposizione degli uomini della scorta di Fini, pagate anche se rimangono quasi sempre vuote, «sono sicuramente uno spreco, probabilmente non isolato, da eliminare e soprattutto da non ripetere. E per me sono l’occasione per rilanciare quella battaglia che da tempo voglio condurre a testa alta sull’uso e l’abuso delle scorte». «Il regolamento deve cambiare e anche la sensibilità dei singoli deve entrare in sintonia con la sensibilità dei tempi, perché il danaro dei cittadini può e deve essere speso meglio, molto meglio». Ecco, Anna Maria Cancellieri ha detto quello che l’opinione pubblica pensa, ma che anche gli stessi operatori delle forze dell’ordine pensano. E questo ovviamente è insopportabile per Fini e per il suo entourage, perché la responsabile del dicastero che si occupa delle scorte riconosce che con il presidente della Camera, e non solo, si sono sprecati i soldi degli italiani, mettendo una pietra tombale sulla difesa dello stesso Fini, il quale avrebbe voluto far credere che i soggiorni della sua scorta fossero la regola. Balle. Per quanto il portavoce dell’ex presidente di An si sia impegnato ad ammantare di normalità la vacanza del suo capo e dei suoi vigilantes, l’anomalia è esplosa in tutta la sua lampante evidenza, al punto da far scrivere a Francesco Merlo, e dunque a Repubblica, (non senza un evidente fastidio) che Libero ha usato «un dettaglio di verità umiliata, di scarsa sensibilità e di mancanza di stile. Ma la verità, pur deformata e sporcata (eh già, ce ne siamo occupati noi di Libero e dunque per forza si sporca, ndr), rimane verità». Punto. Tralasciando il marcato razzismo intellettuale, lo snobismo del giornalista di sinistra che si crede interprete del bene e dunque reputa tutti gli altri come il male, Merlo è costretto a riconoscere un fatto: che 80 mila euro spesi dallo Stato per far trascorrere a Fini qualche giorno di relax in spiaggia sono uno scandalo da «satrapo irresponsabile». «Fini potrebbe dare il suo piccolo-grande contributo», scrive l’editorialista di Repubblica, concludendo con parole sue il ragionamento di Anna Maria Cancellieri, «rimodulando le proprie vacanze in modo più controllabile, più civile, più gestibile. Spetta a lui rientrare nel principio di uguaglianza e sottrarsi, senza ovviamente compromettere la sua sicurezza, a un regolamento che rischia di trasformare il suo diritto alle vacanze in un privilegio costoso per lo Stato, imbarazzante per la “casta”, ingiusto nei confronti dei poliziotti di scorta degradati, loro malgrado, al ruolo di famigli al seguito di una villeggiatura goldoniana». La colpa del ministro dell’Interno è, per tramite del giornale diretto da Ezio Mauro, di aver strappato il velo dietro cui si nascondeva Fini, di aver tolto la foglia di fico a una vicenda impudica. Qui non sono in discussione le misure di sicurezza cui ha diritto il presidente della Camera e chiunque sia a rischio, come qualche furbo – anche fra i colleghi – crede. Qui si parla di usi e abusi. Un conto è avere la scorta e un altro è avere la scorta e fare i bulli. Ottantamila euro per delle stanze vuote non sono un servizio dovuto, sono soldi buttati al vento. Ed essendo quel danaro dei contribuenti, si tratta di uno sputo in faccia a chi paga le tasse. Non c’è altro da aggiungere e nulla da capire. Non si tratta di non dare un letto agli agenti, né di non rifocillarli. Si tratta usare i quattrini degli italiani con rispetto, perché sono quattrini che gli italiani hanno guadagnato e versato allo Stato. Né si può accettare la scusa banale del poteva non sapere. Non credo che il presidente della Camera abbia la scorta a sua insaputa, soprattutto perché, come ha spiegato il nostro Franco Bechis, è Montecitorio poi a pagare il conto e dunque è difficile che Fini sia all’oscuro di quanto costa. Per chiarezza cito ancora Merlo, che essendo di sinistra non produce fango ma solo materia pregiata e profumata: «Fini sa tutto questo, vive con gli uomini di scorta, non può non accorgersi di essere protagonista di un privilegio (legale). Così degradata, infatti, quella scorta non lo protegge ma lo omaggia». Probabilmente anche in questo caso si tratta della sintesi giornalistica del pensiero di Anna Maria Cancellieri, motivo in più per chiederle di rimanere al suo posto e di procedere spedita contro gli abusi della Casta. Anche quelli di Fini, il quale non passerà alla storia come presidente della Camera, ma di certo avrà una menzione nei resoconti della seconda repubblica come il presidente delle nove camere. D’albergo.