L'editoriale
Monti sconfitto persino nella battaglia dei cannoli
di Maurizio Belpietro Ho visitato nei giorni scorsi Vernazza, uno dei paesi delle Cinque Terre che nell’ottobre dello scorso anno fu colpito dall’alluvione. Il centro è tornato una bellezza e non c’è caffè o ristorante che non lavori a pieno ritmo, come se nove mesi fa non fossero stati spazzati via dalla marea di acqua e fango. Non si vedessero le frane a mezza costa, ferite aperte fra i boschi, nessuno si accorgerebbe di nulla e penserebbe che qui non ci sono stati né morti né devastazione. Però gli smottamenti sono lì, in agguato, pronti a rimettersi in movimento se ci fossero altre piogge straordinarie. Per mettere il paese al sicuro ci vorrebbero i soldi che erano stati promessi e non sono mai arrivati. Stessa situazione a Monterosso, il paese vicino, e nei centri che stanno alle spalle delle Cinque Terre, nella Val di Vara. Perché scrivo del paesino ligure e delle sue grane mentre tutto sembra crollare e lo spread va a mille o, per lo meno sembra lanciato verso quel traguardo? Per quanto mi ha detto il sindaco di Vernazza, Vincenzo Resasco: «Però 400 milioni per la Sicilia li hanno trovati in un attimo». Ora uno potrebbe pensare che la frase sia di un amministratore leghista, che ha in odio la Trinacria e sogna la secessione. E invece no: a pronunciarla è un sindaco del Pd, il quale non manca di commentare che anche in Emilia sono nella stessa situazione, cioè aspettano che lo Stato si mostri. Mentre faceva queste amare considerazioni, Resasco però non sapeva che alla Sicilia, oltre ai 400 milioni, ne sono stati sganciati altri 250, anche quelli in un attimo. A donarli è stato sempre il presidente del Consiglio, il quale, ricevuto ieri il governatore dell’isola e avutane la promessa di dimettersi entro fine mese, lo ha gentilmente ringraziato su due piedi con un assegno da bruciare nella voragine dei conti della sanità siciliana. Altri soldi per una Regione che, come dichiarato dal suo presidente, non era sull’orlo del fallimento ma godeva di ottima salute. Altro denaro che farà la fine di quello concesso fino a ieri o all’altro ieri, ossia disperso per accontentare un mare di clienti. Perché ovviamente, nonostante «la crisi di liquidità», in Sicilia la festa continua come prima, cioè come se l’Italia non fosse un osservato speciale dei mercati e i suoi conti non fossero guardati con sospetto. Abbiamo riferito ieri del numero di stenografi che si avvicendano nella trascrizione dei discorsi del governatore: 18 per un’ora di parole, più o meno tre minuti a testa. Uno spettacolo che ha scandalizzato perfino un suo assessore, il quale lo ha raccontato ai giornali. Ma neanche il tempo di riaversi dallo stupore ed ecco arrivare da Palazzo dei Normanni, sede dell’amministrazione regionale, un’altra perla. Stavolta a rivelarla è l’edizione palermitana di Repubblica. Secondo il giornale caro alla sinistra, Lombardo avrebbe intenzione di reclutare mille rilevatori per svolgere indagini statistiche. Sì, avete letto bene: nonostante i ventimila dipendenti, la Regione intende assumere altro personale e la lista dei fortunati è già stata pubblicata sul sito dell’assessorato dell’Economia. A Palermo si giustificano dicendo che a pagare sarà l’Istat, ma stranamente a ingaggiare è la Regione. Non solo, rispetto ad analoghe rilevazioni fatte nel passato, questa volta il numero di persone incaricate di svolgere indagini in campo agricolo sarebbe il doppio: 951 rispetto alle precedenti 437. Mentre per le statistiche generali si è passati a 541, contro le 262 del 2008. Come mai tanta gente, e perché una ricerca che si poteva fare con la metà delle persone ora ne richiede il doppio? Misteri siciliani, ai quali i dirigenti della Ragioneria generale della Regione replicano come se non ci fosse alcuna stranezza, sostenendo che il personale interno non era sufficiente e soprattutto non preparato per svolgere il gravoso impegno. Insomma, tutto normale e non c’è ragione di sollevare polemiche, anche se guarda caso l’assunzione a tempo di un migliaio di persone casca proprio alla vigilia di una campagna elettorale... Ieri Mario Monti, dopo aver ricevuto Raffaele Lombardo ed essersi fatto promettere che si sarebbe dimesso entro la settimana, ha annunciato che ogni assunzione fatta dalla Regione d’ora in poi dovrà essere autorizzata dal governo di Roma, pena il taglio dei trasferimenti, lasciando dunque intendere che la Sicilia è avviata verso un commissariamento morbido. Tuttavia a noi sembra che il provvedimento arrivi tardi, quando i buoi sono scappati e i posti di lavoro già elargiti. Il governatore fa sì le valigie e la Ragioneria dello Stato mette sotto controllo i conti della Sicilia, ma quando i giochi sono fatti e Lombardo per tramite del suo vice è pronto a riprendersi la Regione, continuando a fare ciò che ha sempre fatto e cioè a gestire il potere e le assunzioni. Lo avevo detto e scritto: ero pronto ad applaudire Monti se fosse andato fino in fondo, commissariando davvero l’isola e denunciando lo statuto speciale. Eravamo in buona compagnia, di molti siciliani per bene. Ma insieme a quella contro lo spread, il premier ha perso anche questa battaglia. O, forse, perde quella con lo spread proprio perché non sa vincere nemmeno quella con un dispensatore di cannoli.