L'editoriale

Monti partorisce un topolino

Nicoletta Orlandi Posti

Mario Mani di forbice, resosi conto che non gli era rimasto niente da tagliare, l’altra notte si è imposto e alla fine ha costretto i suoi riottosi ministri ad accettare la riduzione di un certo numero di Province e l’abolizione di una serie di tribunali di periferia. I provvedimenti sugli enti locali riguardano in gran parte le Regioni rosse, che vedranno aboliti molti centri di potere. Tanto per intenderci, in base ai criteri fissati dal governo,  in Emilia spariranno le Province di Cesena, Ferrara, Forlì, Modena, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia e Rimini, mentre in Toscana saranno costrette ad associarsi Arezzo, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa Carrara, Pisa, Pistoia, Prato e Siena. Immaginiamo già la gioia dei livornesi all’idea di unirsi in matrimonio con Pisa, in quanto da sempre una delle battute più frequenti che si sentono da quelle parti è: meglio un morto in casa che un pisano alla porta. Ma probabilmente a Monti delle questioni di campanile e di autonomie che affondano le radici nel Medioevo poco importa. Ciò che conta è il bilancio e quello, tagliando le Province, sarebbe salvo. O così almeno si fa credere, in quanto ciò che non spende l’ente locale c’è il rischio che se lo bevano certe città metropolitane, che poi altro non sarebbero che delle maxi Province. In pratica Milano tornerebbe a papparsi Monza e dintorni, creando una specie di  super organismo. Lo stesso capiterà in quasi tutti i capoluoghi di Regione. Se questo è il risultato, bisogna riconoscere che la montagna, anzi Monti, ha partorito il topolino. Già, perché vista con freddezza, e cioè lontani dalla confusione notturna in cui sono stati presentati i provvedimenti, la manovra di spending review è poca cosa e quella poca anche molto diluita nel tempo. Per rendersene conto bastava ieri  dare un’occhiata alla tabella del Sole 24 ore, con i suoi semafori  gialli, rossi e verdi. Sui tagli ai piccoli ospedali l’efficacia e la rapidità di attuazione era rossissima. Analogo segnale sulla riduzione del pubblico impiego e sui vincoli alle assunzioni. Tra le poche cose apparentemente di rapido effetto ce ne sono un paio come la stretta sui consigli delle società pubbliche di servizio  e la centralizzazione degli acquisti nella amministrazione statale. Peccato che anche lì ci sia il trucco, nel senso che le misure prese per ridurre il numero di politici e portaborse piazzati nel cda valgono solo se la società non eroga servizi per i cittadini. Significa che tutte le municipalizzate, ma anche le grandi multi utilities  (così gli inglesi chiamano le holding che distribuiscono gas, elettricità, acqua e così via), sono salve e potranno avere tutti i consiglieri che desiderano, o, meglio, che desidera la politica.  Niente di nuovo anche per quanto riguarda la centrale di acquisti, che dovrebbe porre fine ai costi diversi dalle Alpi alla Sicilia. In realtà la Consip esiste da vent’anni e non ha mai funzionato, men che meno lo potrà fare ora che il decreto attribuisce il compito di comprare beni per la pubblica amministrazione alle centrali di acquisto regionali: una mossa che lascerà tutto come prima, se non peggio.  Ma il meglio deve ancora arrivare. Da quanto riferisce il solito Sole 24 ore, il governo ha deciso di «esternalizzare» (sì, c’è scritto proprio così) i servizi di pulizia nelle scuole. In pratica, d’ora in poi non saranno più i bidelli a pulire le aule, ma una società esterna. Obiettivo dimezzare il numero di collaboratori scolastici, da 130 mila a 65 mila. Un risparmio ragguardevole, peccato che lo si raggiungerà solo nel 2030, cioè fra diciotto anni esatti. Nel frattempo cosa si fa, si paga il bidello e anche la società che svolge il servizio «esternalizzato»? Degli ospedali naturalmente abbiamo già detto ieri. Il governo ha deciso di ridurre il numero di posti letto che passerà dagli attuali quattro ogni mille abitanti a 3,7. Un sotterfugio per non affrontare i problema dei piccoli e talvolta inefficienti ospedali, soprattutto un’ammissione di impotenza, che consentirà a molti presidi medici di rimanere esattamente dove sono, cambiando solo il nome e riconvertendosi in una diversa struttura di assistenza. Ma, mentre a leggere nel dettaglio i provvedimenti  si capisce che gran parte delle misure è destinata a rimanere sulla carta, ce n’è una invece che è diventata immediatamente efficace ed è la nomina di altri due sottosegretari, Antonino Gullo e Sabato Malinconico, i quali dovranno occuparsi di Giustizia.  La riduzione dei tribunali non c’è ancora, ma ai piani alti del ministero che se ne occupa cresce l’affollamento. Così mentre ancora non si sa se diminuiranno i posti letto negli ospedali, già si sa che raddoppiano le poltrone.   di Maurizio Belpietro