L'editoriale

Partiti coccodrilli votano le tasse e poi piangono

Lucia Esposito

a politica ci riserva sempre una sorpresa: anche quando pare aver toccato il fondo, eccola stupire con una nuova caduta in basso. Mi riferisco alla questione del finanziamento pubblico dei partiti, ma non solo. Dopo lo scandalo dei fondi della Margherita e della Lega, i principali leader avevano annunciato modifiche alla legge che consente loro di riempirsi le tasche di soldi dei contribuenti. In un impeto di moralizzazione, addirittura fecero sapere che avrebbero respinto la prossima tranche di quattrini pubblici, annunciando di volerli destinare a cause più nobili come il sostegno alla disoccupazione. Passata la tempesta, le segreterie si sono però semplicemente dimenticate di dar corso all’impegno e dunque, mentre gli italiani stringono la cinghia, loro si apprestano ad allargare i portafogli per incassare altri fondi. Già qui ci sarebbe motivo per imbracciare i forconi e inseguire i rappresentanti della Camera intorno a Montecitorio e non è detto che prima o poi ciò non avvenga, dato il clima. Tuttavia, oltre alla sacrosanta indignazione per l’impudenza dei cosiddetti rappresentanti del popolo, c’è un altro motivo per infuriarsi con gli onorevoli e in particolare con quelli che sostengono l’attuale maggioranza. Come è noto tra poco più di un mese i contribuenti  che posseggono una casa saranno costretti a versare la prima rata dell’Imu, pena vedersi pignorata la medesima. Ancora non è chiaro quanto si dovrà pagare, perché il governo ha messo la tassa senza fissare i parametri, così da poterli cambiare a piacimento e secondo i propri comodi. Mentre tutti gli italiani che hanno un alloggio di proprietà sono dunque sospesi in attesa di conoscere i termini della pena pecuniaria,  i politici che fanno? Dopo aver votato la norma e consentito la sua applicazione, ora si dissociano.  L’ultimo in ordine di tempo è stato Pier Luigi Bersani, uno che passa per capirne di economia in quanto socio fondatore dell’associazione di studi Nens. Il segretario del Pd se n’è uscito dicendo che l’Imu non va bene e va cambiata, sostituendola con un’imposta sui patrimoni. A parte la fissa nel voler colpire chi ha due risparmi, il discorso sul tributo immobiliare è condivisibile, ma mi domando dove fosse il leader della sinistra quando il suo partito ha dato il via libera alla legge. Era in vacanza o si era  distratto? Non aveva calcolato gli effetti nefasti delle tasse sulla prima casa? Oppure non sapeva che una mazzata del genere avrebbe impoverito le famiglie italiane che già  faticano a pagare il mutuo?  Capisco che la politica induce a spararle sempre più grosse, senza calcolarne gli effetti, ma qualcuno capace di far di conto non c’è dentro il partito? Il discorso vale anche per il resto dell’armata brancaleone che sostiene il governo, vale a dire Pdl e Terzo Polo, i quali hanno detto sì alla manovra, ma adesso fanno mostra di essersene pentiti e chiedono fuori tempo massimo di correggerla. Ma quando in Parlamento si vota un provvedimento, a cosa servono discussioni ed emendamenti se poi dopo mesi la legge va rivista? Quando c’era il governo di Berlusconi si diceva che il Parlamento dovesse esercitare il proprio diritto-dovere di controllo sulle misure dell’esecutivo. Adesso che il suo posto è stato preso da Monti, chi corregge i professori? Forse sarà vero che con i tecnici la democrazia non è sospesa, ma di sicuro è distratta. Basti vedere ciò che è accaduto con la riforma previdenziale, approvata in quattro e quattr’otto da entrambe le Camere. A distanza di mesi si è scoperto che centinaia di migliaia di persone sono rimaste senza previdenza e senza lavoro: con un tratto di penna, Elsa Fornero li aveva semplicemente «esodati», cioè mandati a casa evitando di mandarli in pensione. Ora, la colpa sarà senz’altro della svista della ministra, la quale avendo per anni studiato sui libri il settore si è dimenticata che dietro ai numeri ci sono le persone. Però, forse,  qualche responsabilità la portano anche i partiti che le hanno consentito di tagliare con uno zac l’assegno a 350 mila italiani. Inesperienza? Può darsi. Non tutti ne capiscono di tasse e Inps e dunque chi ci mette mano senza conoscere corre il rischio di usare il bisturi anche là dove non dovrebbe. Ciò detto, c’è una sola materia in cui gli uomini della Casta non fanno passi falsi, e sono gli affari loro. Sui contributi elettorali e sugli stipendi da onorevole, i nostri rappresentanti non sbagliano un colpo. Lì, anche se c’è da fare in fretta e da usare la mannaia, si muovono con delicatezza e precisione.  Quando c’è di mezzo il loro portafogli, infatti, non c’è crisi che tenga. Ma di questo passo, la crisi gliela faranno vedere gli elettori. di Maurizio Belpietro maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it