Cari giovani Nobel immaginari

Mattias Mainiero

  Caro Mainiero, si parla spesso dei difetti del popolo italiano. Stando agli opinionisti, saremmo privi di coscienza nazionale. Il nostro primo pensiero, così dicono, va a noi stessi, non al bene pubblico. Siamo grandi risparmiatori, però non investiamo in Borsa. Siamo, o saremmo, anche molto egoisti. Insomma, non ci dipingono molto bene, soprattutto all’estero. Chiedo a lei: qual è il vero difetto di noi italiani, ammesso che un singolo difetto possa accomunare un intero popolo? Carlo Biagini e.mail La presunzione, caro Biagini. L’enorme, a volte stratosferica presunzione, che inquina i rapporti personali, rovina gli ambienti di lavoro, genera aspettative false ed esagerate, trasforma le carriere in calvari e alla fine lascia solo rovine. Oggi i giovani laureati (anche laureati junior, tre anni di studio e nessuna vera specializzazione), per il solo fatto di avere frequentato un’università e aver conseguito una laurea, credono di essere tutti o quasi tutti aspiranti premi Nobel. Nascono imparati, come dicono a Napoli. Di conseguenza, niente lavori umili, niente gavetta, pochi o pochissimi sacrifici. All’estero si comincia con il volontariato, i lavoretti, poi via via qualcosa di più impegnativo. Spesso si lavora e si continua a studiare. Da noi si entra in ufficio e si è già supermanager. Giovani sicuri, decisi, impettiti, e naturalmente alle prime armi e inesperti. La laurea è il punto di arrivo della carriera, non il punto di partenza. Tutto il resto è facilmente immaginabile. Oggi chi si sposa vuole subito la casa di proprietà, tutti gli arredi e possibilmente anche un figlio già grandicello. Bisogna comprenderli: pappine e pannolini sono una vera tortura e una gran perdita di tempo, e poi, con i figli troppo piccoli, a risentirne è il tempo libero. Oggi i politici credono tutti di essere statisti, anche quelli che in politica ci sono arrivati per grazia ricevuta. Non rilasciano dichiarazioni: tengono lezioni di economia, finanza, politiche sociali. Oggi gli idraulici non sono più idraulici: ingegneri. Gli artigiani non sono più artigiani: artisti. Oggi il Paese, caro mio, non è più un Paese. E’ un SuperPaese, una potenza mondiale. E forse per questo, sul sedere, non abbiamo più pezze. Solo superpezze. mattias.mainiero@liberoquotidiano.it