Cari giovani Nobel immaginari
Caro Mainiero, si parla spesso dei difetti del popolo italiano. Stando agli opinionisti, saremmo privi di coscienza nazionale. Il nostro primo pensiero, così dicono, va a noi stessi, non al bene pubblico. Siamo grandi risparmiatori, però non investiamo in Borsa. Siamo, o saremmo, anche molto egoisti. Insomma, non ci dipingono molto bene, soprattutto all’estero. Chiedo a lei: qual è il vero difetto di noi italiani, ammesso che un singolo difetto possa accomunare un intero popolo? Carlo Biagini e.mail La presunzione, caro Biagini. L’enorme, a volte stratosferica presunzione, che inquina i rapporti personali, rovina gli ambienti di lavoro, genera aspettative false ed esagerate, trasforma le carriere in calvari e alla fine lascia solo rovine. Oggi i giovani laureati (anche laureati junior, tre anni di studio e nessuna vera specializzazione), per il solo fatto di avere frequentato un’università e aver conseguito una laurea, credono di essere tutti o quasi tutti aspiranti premi Nobel. Nascono imparati, come dicono a Napoli. Di conseguenza, niente lavori umili, niente gavetta, pochi o pochissimi sacrifici. All’estero si comincia con il volontariato, i lavoretti, poi via via qualcosa di più impegnativo. Spesso si lavora e si continua a studiare. Da noi si entra in ufficio e si è già supermanager. Giovani sicuri, decisi, impettiti, e naturalmente alle prime armi e inesperti. La laurea è il punto di arrivo della carriera, non il punto di partenza. Tutto il resto è facilmente immaginabile. Oggi chi si sposa vuole subito la casa di proprietà, tutti gli arredi e possibilmente anche un figlio già grandicello. Bisogna comprenderli: pappine e pannolini sono una vera tortura e una gran perdita di tempo, e poi, con i figli troppo piccoli, a risentirne è il tempo libero. Oggi i politici credono tutti di essere statisti, anche quelli che in politica ci sono arrivati per grazia ricevuta. Non rilasciano dichiarazioni: tengono lezioni di economia, finanza, politiche sociali. Oggi gli idraulici non sono più idraulici: ingegneri. Gli artigiani non sono più artigiani: artisti. Oggi il Paese, caro mio, non è più un Paese. E’ un SuperPaese, una potenza mondiale. E forse per questo, sul sedere, non abbiamo più pezze. Solo superpezze. mattias.mainiero@liberoquotidiano.it