Il cattivo

Juventus, il segreto di Leonardo Bonucci è il "motivatore": aglio in bocca, botte nello stomaco in cantina e "ignoranza" su Twitter

Giulio Bucchi

L’eroe della Juventus è un soldato. Il gol del 3-2 alla Roma non era un gol, siete degli illusi: la volée di domenica sera era il colpo di grazia al nemico, la bandiera issata sul campo di battaglia. Il «soldato Bonucci» è la creazione di Alberto Ferrarini, professione motivatore, il «coach della mente», il «capitano», come lo chiama Leo, che da ormai sei anni ha riplasmato la testa del difensore bianconero: «a Treviso era finito», l’ha rimodellato in uno spartano 2.0, più sfrontato e coraggioso di Beckenbauer, anche se probabilmente Ferrarini dovrà insegnare al proprio assistito a ponderare gli assalti via social network (a meno che non ci sia il suo zampino: per criticare Balotelli su Facebook scrisse: «Spacchi il caz..»). Quei tweet del dopo partita, «sciacquatevi la bocca» e «conta solo vincere» hanno punto sul vivo i romanisti scornati, qualche interista sempre più nel baratro, qualcuno che nel calcio ha vinto meno di Bonucci ma ne ha certamente scolpito la storia più a fondo, ma soprattutto ha fatto incazzare l’ambiente tutto della Nazionale. Tanto che ieri, a Coverciano, Bonucci è stato portato in conferenza stampa a fare marcia indietro - «non volevo offendere nessuno - e beccarsi la pedata negli stinchi da un altro guerriero, Lele Oriali: «Un’uscita improvvida. I problemi devono rimanere fuori da Coverciano, la Nazionale deve unire e non dividere, c’è un regolamento ben preciso anche se non scritto. Se succederà ancora prenderemo provvedimenti. Io, comunque, dopo una certa ora “spegnerei” i social network». Tuttavia, forse non dipende dall’ora, visto il cinguettio alla Lapo Elkann dello stesso Ferrarini, ieri mattina: «@RudiGarcia: lei è un top manager! Abbi rispetto di se, queste dichiarazioni non sono da Rudi Garcia Rivolga al Positivo questa sconfitta». Italiano da squalifica: subito beccato dai social, Ferrarini ha provato (pessimo risultato...) a girarla a suo favore: «In grammatica avevo 5 è vero, ma in altri argomenti, motivazione “parlano i fatti” dicono “che sono un genio”, quindi Benvenga l’ignoranza». E di ignoranza di metodi, almeno nell’accezione più sanguigna e grintosa, Ferrarini ha piena padronananza. «Voglio che la maglia di Leo a fine partita sia sporca di sudore, fango, erba. E sangue, se serve». Quel sangue che rischia di volare quando il mental coach porta Bonucci nella sua cantina, al buio, e lo offende, riempiendolo di pugni allo stomaco in caso di reazione. Tutto serve per forgiare il carattere e motivare. Come le caramelle all’aglio che Ferrarini ha fatto mangiare a Bonucci prima di Juve-Roma: «I soldati centinaia di anni fa mangiavano l’aglio per mantenersi forti, sani e lucidi in battaglia. Leo è un soldato, e mangiando quelle caramelle è come lo avessi fatto tornare alle sue origini. Gli ho detto anche di alitare in faccia a Gervinho e Totti… ». Ma allora forse era il buon Leo che doveva sciacquarsi la bocca? di Tommaso Lorenzini @Texbomb