Il dopo Silvio
Casini: "Il centrodestra va rifatto, ma senza il Cav non si può"
«Mi piace stare in questo ufficio. È un tributo a una stagione politica di cui la storia darà un giudizio molto più positivo di certo opinionismo da strapazzo». L’ufficio è quello che fu di Giulio Andreotti a Palazzo Giustiniani. E lui è Pier Ferdinando Casini. «Io sono un democristiano come Andreotti e non sono pentito. La stagione dei pentimenti arriva per chi ha qualcosa da farsi perdonare». E così si scopre che l’allievo di Forlani in realtà è figlio di Belzebù. «Mai stato andreottiano. Neanche nella Dc. Dell’Andreotti politico non ho nessuna nostalgia. Lui per me è stato un esempio per il modo in cui ha vissuto il suo calvario giudiziario. La sua fiducia nello Stato e la pazienza verso le angherie che ha subito sono le qualità fondamentali per chi fa politica». Andreotti fu 7 volte premier. Lei, invece… «Se mi reincarno, magari…». Intanto però è disoccupato. «Io milito nell’Udc. I più ridicoli sono quelli che non capiscono che le stagioni passano. Sono stato capopartito per tanti anni e non ho più intenzione di farlo. Mi trovo benissimo a fare il presidente della commissione Esteri dove ho discusso fino agli ultimi giorni dei cristiani perseguitati in Iraq. Oggi sono queste le sfide che mi interessano. Di quello che succede nel comitato provinciale dell’Udc di Vercelli non me ne può fregare di meno». Un democristiano senza partito è un ossimoro. «La vita nei partiti si fa quando esistono i partiti». Sta dicendo che l’Udc non esiste? «Magari fosse un problema dell’Udc. Tutti i partiti si sono ossificati. Questo ha prodotto in tanti giovani la deriva dell’antipolitica». Come se ne esce? «La stagione dei partitini è finita. Bisogna ricostruire famiglie politiche allargate. Quella del centrodestra è una crisi di rappresentanza sociale. Le piccole e medie imprese, l’artigianato, le partite Iva, i commercianti che si sono rifugiati nell’astensionismo, in Grillo o in Renzi, vanno recuperati». E chi li recupera, visto che i partiti suscitano ribrezzo? «Non c’è alternativa ai partiti per organizzare la politica. In Europa i partiti sono riusciti a superare l’idea del leader insostituibile. Kohl, che era pari per grandezza a De Gasperi, è stato sostituito dalla Merkel. Aznar se n’è andato via, ma il Partito popolare spagnolo è rimasto lì. In Italia, vanno via i leader e se ne vanno anche i partiti. L’unica eccezione è il Pd, come dimostra il caso Renzi». Il premier non sembra filarla tanto. Come sono i vostri rapporti? «Buoni». Quando faceva il Rottamatore ve ne siete dette di tutti i colori… «Sì, ma dopo le primarie del Pd ci siamo capiti. Oggi penso che sia giusto dare una mano a un giovane leader che vuole cambiare l’Italia. Non ho nulla da chiedergli né da insegnargli. Se vuole un consiglio, glielo do». Gliene dia uno subito. «Matteo, concentrati sull’economia. Soprattutto sull’occupazione. Bisogna prendere provvedimenti anche dolorosi. Tutta la vicenda dell’Alitalia e le resistenze all’accordo con Etihad sono il segno di una veterocultura sindacale che va superata. Renzi queste cose le dice, adesso le deve fare». Solo economia? «Anche la giustizia. Non è possibile che la politica in Italia la facciano i magistrati, anche quella industriale. E che i progetti ambientali siano bloccati dai veti dei Tar». Fa una certa impressione sentirla parlare come Berlusconi dopo che lei ha criticato per anni le sue leggi ad personam. «Io ho contrastato l’illusione che provvedimenti ad hoc potessero servire alla sua battaglia giudiziaria. Ma su molte idee di riforma della giustizia io e lui siamo d’accordo. Che le intercettazioni debbano servire per sgominare i criminali, ma non possano essere usate per violare costantemente la privacy, è un principio di buon senso. E sono più che convinto che un magistrato debba rinunciare a una fetta del suo protagonismo a garanzia degli imputati o che la carcerazione preventiva sia iperabusata in Italia». Non è un caso, insomma, che il suo flirt col Cav sia ricominciato. «Ma quale flirt. Per me è più facile di altri ricostruire un rapporto con lui, perché non dovevo farmi perdonare niente. Quando lui e Fini fecero il Pdl, me ne andai via . A differenza di altri, io non ho utilizzato Berlusconi per arrivare in Parlamento e dopo abbandonarlo». Così Fini è servito. Ma perché proprio adesso lei si è riavvicinato al leader di Fi? «I miei no a Berlusconi sono dovuti al fatto che non ho condiviso il suo progetto di governo. Ma è una stagione finita. Bisogna dargli atto che rappresenta ancora una fetta cospicua di moderati. Lo legittimano gli elettori, mica io. E che qualcuno sia invidioso che Berlusconi abbia un rapporto preferenziale con Renzi, è demenziale». Pure Alfano è sistemato. «Scusi, penso che Alfano sia il primo a capire che le riforme vere si fanno con l’opposizione. Che Berlusconi collabori con noi è un fatto di civiltà politica e di garanzia per il Paese. Io sono ben lieto che lui abbia scelto questa strada». Il suo ritorno di fiamma non sarà un piano diabolico per arrivare al Quirinale, visto che il Cav sarà uno dei due grandi elettori del futuro Capo dello Stato? «Sono sufficientemente intelligente da non pensarci nemmeno. Siamo seduti nell’ufficio di una persona che ha contato mille volte più di me nella politica e aspirava al Quirinale, ma non c’è mai andato». Punta a scippare a Berlusconi la leadership dei moderati? «L’area moderata ha bisogno di leader nuovi e la leadership si strappa, non si eredita. Renzi è stato Renzi perché ha rotto certe logiche nel Pd. Se nel centrodestra pensiamo di costruire in vitro lo sfidante di Renzi siamo fuori dal mondo». E chi potrebbe essere il Renzi di destra? «Non faccio nomi. Ci sono persone in gamba, ma devono avere più coraggio, altrimenti non saranno mai leader e non porteranno mai alla vittoria il centrodestra. Tutt’al più amministreranno un’onesta sconfitta». Raccontano che lei fosse già pronto a passare col Cav alle Europee, tanto da cercare di piazzare suoi fedelissimi nelle liste di Fi. «Elucubrazioni lunari. Però c'è una verità che va detta: era giusto fare l’alleanza Ncd-Udc, ma oggi bisogna capire che questa entità è ben lontana dal rappresentare ciò che serve per essere vincenti nell’area moderata». E quale dev’essere il futuro del centrodestra? «Per coloro che appartengono al Ppe c’è la necessità di costruire un destino comune. Che oggi è complicato. Ma le sfide importanti lo sono sempre e richiedono sacrifici. Chi pensa che i partiti vengano fatti per garantire la sopravvivenza di piccoli gruppi dirigenti, non si meravigli poi se la gente non lo vota». Quindi la Costituente popolare deve essere estesa anche a Forza Italia. «Sì, ma ogni cosa ha i suoi tempi. La lista Udc-Ncd alle Europee è stata un primo passaggio. Adesso bisogna procedere all’unificazione di tutti i gruppi che stanno nella maggioranza e che non sono il Pd. E poi avviare subito un dialogo forte e stretto con Forza Italia. Tu puoi dissentire dal leader di Fi, ma non puoi non prendere atto che gli elettori che andiamo cercando sono gli stessi. Lasciare a Renzi il monopolio del dialogo con Berlusconi è demenziale. Se lo fai, poi non ti lamentare se tanti elettori, invece di votare Ncd-Udc, votano Renzi». Lei ce l’ha proprio con Alfano. «Per nulla, Alfano è un mio amico. Ma sa perché stimo Renzi? Perché è riuscito ad archiviare l’antiberlusconismo militante su cui si è retta la sinistra per 20 anni. Mentre, paradossalmente, nell’area moderata permangono i rigurgiti di antiberlusconismo da cui si è emancipato Renzi. Io che non ho mai avuto l’ossessione di Berlusconi e che non soffro di complessi d’inferiorità nei suoi confronti, dico: ragazzi, il capo di Fi determina la politica italiana in un rapporto corretto col premier e noi non gli parliamo? È follia». E allora perché non si trova in giro una sua foto con Alfano neanche a pagarla? «Perché non partecipo alla direzione politica del Ncd». E con Cesa? Ormai siete due separati in casa. «Il nostro è un rapporto tra due che si conoscono da quando avevano 16 anni. Ma oggi è il momento di dare ad altri la responsabilità. Io ho dato». Con Monti lei ha commesso l’errore della vita. Alle Politiche del 2013 l'Udc ha raggiunto il minimo storico. «Io con Monti ho commesso molti errori. In particolare quello di non averlo dissuaso dallo scendere in politica. Forse ho peccato anche d’ingenuità: sono stato l’unico a mettere la faccia nella difesa dei provvedimenti di Monti che votavano anche Berlusconi e Bersani». Chiudiamo in bellezza. Come va con la Boschi? «Bene, ma è una che non ho mai visto. Le parlo quando è in aula». Veramente le manda anche tanti bigliettini. Che le scrive di bello? «È il ministro del governo che sostengo. Il minimo che io possa fare e proporle una tattica parlamentare per far approvare la sua riforma». Non si sarà preso anche lei una cotta per la ministra bionda? «No, ormai sono immunizzato».