La risposta

Belpietro: "Caro Corrado, auguri. Ma Forza Passera deve prima avere i voti"

Ignazio Stagno

Caro Passera, confesso che ammiro il suo entusiasmo. Lei che ha guidato una grande banca e che per un breve periodo si è fatto convincere a partecipare allo sciagurato governo Monti, ricoprendo senza troppo successo il ruolo di ministro dello Sviluppo economico, oggi potrebbe tranquillamente tornare a fare il manager oppure godersi i soldi messi da parte nei lunghi anni di attività. E invece no, lei insiste a volersi occupare di politica, dando seguito a una promessa di qualche anno fa, quando a Palazzo Chigi c’era Prodi, e lei fece capire, proprio con un’intervista al sottoscritto, che gli esponenti della cosiddetta società civile non potevano rimanere con le mani in mano, ma era giunta l’ora di fare qualche cosa. Da allora la situazione è peggiorata: il Pil è ai minimi storici e la disoccupazione ai massimi, gli italiani sono sempre più tartassati ma soprattutto sono sempre più sfiduciati. Anche io, come lei, non credo che Matteo Renzi sia la soluzione. Sebbene abbia fatto piazza pulita degli avversari, rottamandoli o trasformandoli in alleati come sta provando con il centrodestra, mi pare che non riesca a fare piazza pulita dei luoghi comuni di una certa sinistra. Basta vedere la posizione sull’articolo 18, che poi è quella classica della Cgil. Ma basta anche seguire ciò che sta dicendo nel suo tour in Campania. La crescita al Sud non la si ottiene promettendo aiuti, ma togliendoli: è di lavoratori socialmente utili, cioè di gente pagata per un lavoro che non esiste e di cui non c’è bisogno, che muore il Meridione, di clientele e assistenzialismo, di malaffare e malapolitica, ma questo il presidente del Consiglio non lo può dire perché perderebbe consenso e Renzi tutto può fare tranne che perdere consenso. Detto questo, stabilito cioè che il premier procede sui binari tradizionali della sinistra senza avere il coraggio di rompere gli schemi che ci hanno incatenato al declino, che cosa si può fare? Lei si ripropone di rifondare il centrodestra, riunificandone le anime e fornendo allo schieramento un progetto comune, cioè un programma che sia competitivo e alternativo a quello di Renzi. Ribadisco: ammiro il suo entusiasmo, perché oggi l’operazione, che pure ritengo necessaria, mi pare un’impresa ardua da realizzare, certo più complicata e difficile di certe ristrutturazioni finanziarie di cui lei si è occupato in passato. Oggi il centrodestra mi pare balcanizzato, nel senso che dal giorno in cui Berlusconi è stato condannato e costretto ai servizi sociali c’è stata una guerra fra quelli che un tempo facevano parte della stessa famiglia. Prima tra Forza Italia e l’Ncd, poi dentro la stessa Forza Italia. Che cos’è oggi il centrodestra? Un insieme di tanti partiti e di tante correnti. C’è Forza Italia con Berlusconi leader, ma c’è anche Raffaele Fitto che si oppone alla linea del dialogo dettata dal Cavaliere. C’è l’Ncd, che però appoggia un governo in cui il Pd ha il 40 per cento e che pare più nemico di Forza Italia che dello stesso Pd. C’è la Lega, che però ha una linea anti governativa e anti Ncd. Ci sono i Fratelli d’Italia, i quali vorrebbero rappresentare una destra nuova, ma finora rappresentano solo quella vecchia e chi è insoddisfatto di Forza Italia e Ncd. Insomma, il centrodestra oggi è un insieme di cose, ma non riesce ad esserne una unica. Ciò che manca è l’idea stessa di centrodestra, ossia che cosa debba essere e quale Italia voglia rappresentare. Meno burocrazia, meno vincoli, meno tasse, meno Stato, più liberalismo e più iniziativa privata? Bene. Vede, quando Berlusconi scese in campo vent’anni fa, agli italiani presentò un progetto fatto di poche parole chiave, ma ognuna delle quali efficace. Agli elettori promise un’Italia più moderna, lasciando intravedere un futuro migliore. E il popolo di centrodestra lo votò con entusiasmo. Certo, dopo otto anni di governo e vent’anni di processi la leadership del Cavaliere è fiaccata, ma i temi restano quelli e non si può dimenticare che alle ultime elezioni il suo partito seppure in calo ha preso quattro volte più voti di quelli degli avversari. Berlusconi rimane il leader del centrodestra e qualsiasi rifondazione non può che passare da lui, dal suo consenso e dal suo appoggio, non certo dalla sua esclusione. Lei ci vuole provare? Vuole tentare di sostituirlo lanciando un’Opa sul centrodestra oppure spera di ricevere in eredità lo scettro del comando dallo stesso Cavaliere? Io questo non l’ho capito e dunque non riesco a comprendere se la sua discesa in campo abbia qualche possibilità di successo oppure sia destinata a finire come quella di tanti altri, Mario Monti compreso. Una cosa però le vorrei dire. Non si diventa leader chiedendo permesso. La storia di Berlusconi e di Renzi lo dimostra. Entrambi si sono buttati nella mischia, sparigliando i giochi. Entrambi hanno conquistato il consenso e dopo averlo ottenuto hanno costruito le alleanze. Berlusconi con Fini, Casini e Bossi, Renzi con la metà dei vecchi arnesi del Pd, Fassino a Bassolino compresi. Tradotto, significa che lei non può pensare di escludere Berlusconi o di rifondare il centrodestra in opposizione a Berlusconi, ma prima di trattare con lui deve avere i voti, il consenso, altrimenti la sua resta una battaglia velleitaria. Insomma, giochi la partita e poi corra per il campionato. Ah, dimenticavo: auguri. di Maurizio Belpietro maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it @BelpietroTweet     Leggi la lettera integrale di Corrado Passera