Castello Carlo V

Lecce celebra con una mostra-evento l'universo di Pier Paolo Pasolini

Giulio Bucchi

E' più di una mostra, è una quadratura senza precedenti intorno all'universo pasoliniano. Sensazionale, colto, storico, sociologico l'evento aperto al Castello Carlo V di Lecce dal titolo L'universo di Pier Paolo Pasolini. Arte e bellezza da Giotto a Patti Smith. Un modo trasversale per ripercorrere la storia del poeta, giornalista, saggista, scrittore e regista attraverso una selezione di film, fotogrammi accostati alle riproduzioni delle opere citate, libri di poesia e di narrativa, documentazione video, audio e radio. E ancora: le canzoni scritte da Pasolini e interpretate da Aisha Cerami, figlia del celebre sceneggiatore scomparso lo scorso anno. Ci sono le testimonianze della sua carriera pittorica e una raffinata selezione di scatti del fotografo Roberto Villa che ha immortalato il backstage del film Il fiore delle mille e una notte seguendo Pasolini durante le riprese. Ogni sabato verrà proiettato un film, tra quelli citati in mostra. Si inizia il 28 giugno alle 20 con Comizi d'amore (1965) e poi con cadenza settimanale si potrà assistere a Mamma Roma (1962); Ro.Go.Pa.G. (1963); Decameron (1971) e Il fiore delle mille e una notte (1975). Sotto il segno della contaminazione pasoliniana cadono tutte le convenzioni storico-artistiche che suddividono le arti dal cinema, la cultura alta da quella popolare e il passato dal contemporaneo. In Pasolini si ricongiungono tutte le arti e si schiudono nuovi ragionamenti e punti di vista alternativi ricchi di una sorprendente immediatezza. Pasolini ha sempre suscitato scandalo avviando dibattiti e confronti: questa mostra intende riaprirne alcuni offrendo un nuovo e suggestivo punto di osservazione, anche più d'uno se si considera l'eclettismo pasoliniano: la sua vita è costellata di sperimentazioni e fortunate collisioni stilistiche, come in un gioco di ruolo Pasolini è un poeta che gira film, un regista che rinnega la televisione, un romanziere che scrive articoli, un giornalista che fa critica letteraria, un regista che dipinge ottenendo sempre risultati di un’originale bellezza. I suoi film sono ricchi d'inquadrature pittoriche che manifestano la sua predilezione per Giotto, Leonardo, Mantegna e Rosso Fiorentino. In queste scelte è forte l'eco degli appunti presi durante le lezioni universitarie di storia dell'arte di Roberto Longhi all'Università di Bologna. Ma Pasolini non è solo un allievo, è anche un artista che realizza immagini con tratti fulminei, caricaturali, dalla resa sorprendente. Con la sua "pittura dialettale" ritrae se stesso, i suoi amici e tanti altri protagonisti di quella ricca, frizzante e irripetibile stagione culturale. Pasolini frequenta Longhi, Moravia, Morante, Maraini, Calvino e Ungaretti, ammira Morandi, Mafai, De Pisis, Rosai, Guttuso e ha un rapporto problematico con la Pop Art, esplosa in quegli anni e approdata a Venezia nel 1964. Negli anni Settanta l'ho frequentato anch'io insieme a Penna, Moravia, Marino Piazzolla,e altri. I locali in Via dell'Oca ci attendevano a tarda sera,per la cena e le chiacchierate. Dunque, una mostra dedicata a un grande italiano ammirato anche all'estero e alle parole di Patti Smith si affida l'ultimo omaggio: "Pasolini a New York negli anni Sessanta era considerato un maestro da tutti noi. Andare a vedere i suoi film era un rito. Ricordo che una volta mi recai al cinema con il mio amico Mapplethorpe e in sala si erano già sistemati Warhol, Morrisey, tutti i poeti e gli artisti che come noi lo studiavano e s'ispiravano a lui". La mostra, che si inserisce all'interno della programmazione per la candidatura di Lecce Capitale europea della cultura 2019, è curata da Gianni Canova. Non chiamatela mostra, i curatori preferiscono definirla esperienza-evento, perché è vero che etichette e categorie poco s'adattano al genio di Pier Paolo Pasolini, che fu poeta dell'immagine e della parola, del movimento e del silenzio, filosofo senza darlo a vedere, profeta senza presunzione, catalizzatore di dibattito, scandalo e polemiche e una moltitudine d’altre cose nessuna delle quali contraddice l’altra, perché qui si parla di uno dei più grandi intellettuali che l'Italia del '900 abbia conosciuto. E come si legge nella presentazione "la sua vita è costellata di sperimentazioni e fortunate collisioni stilistiche, come in un gioco di ruolo Pasolini è un poeta che gira film, un regista che rinnega la televisione, un romanziere che scrive articoli, un giornalista che fa critica letteraria, un regista che dipinge ottenendo sempre risultati di un’originale bellezza". E il mondo fa chapeau. di Carlo Franza