Era digitale
Formula 1, brutte notizie per Alonso e Raikkonen: è roba per baby
Per fortuna che c’è la beata gioventù. Sono loro, dal 21enne Kevin Magnussen al 19enne Danlil Kvjat, passando per i vari Daniel Ricciardo (24), Valtteri Bottas (24) e Jean-Eric Vergne (23) l’unica nota lieta e interessante del primo Gran Premio della nuova Formula 1, già (per l’ennesima volta) ribattezzata Formula Noia. E non solo: la loro età potrebbe anche essere la spiegazione della fatica degli altri piloti, soprattutto quelli più rinomati. Partiamo però con alcuni dati. Perché quello di Melbourne è stato il Gp più giovane di sempre come età media, che si è attestata sui 26 anni, 11 mesi e 13 giorni, battendo ben sette gare della scorsa stagione, prima fra tutte quella della Malesia (27 anni e 2 mesi). E l’abbassamento dell’età è ancora più evidente considerando i 10 piloti che hanno tagliato il traguardo per primi: si è passati dai 29.9 (con solo 4 piloti sotto i 30 anni) della corsa in Australia del 2013 ai 26.5 di domenica, dove addirittura in 6 erano addirittura sotto i 25. Ed è probabilmente proprio l’avvento della generazione digitale in Formula 1 ad aver cambiato le gerarchie, con l’eccezione di Rosberg (28 anni) che al momento è seduto su una vettura troppo più forte delle altre. Pensiamo soltanto al volante della F14T di Alonso, uno dei 3 over 30 tra i primi 10 a Melbourne: 26 comandi da utilizzare, di cui 12 pulsanti, 5 manettini, 2 manopole, 3 levette e 4 paddle (per marce e frizione). Stando ai numeri, un anno fa i piloti manovravano i comandi tre volte al giro, ora la media pare essere raddoppiata. Un volante così tecnologico è sicuramente più facile da usare per un giovane nato e cresciuto tra playstation ed affini che non per chi era abituato a pensare a tenere giù il piede. Un po’ come successe in MotoGp nel 2007, con il passaggio dalle 1000 alle 800 in cui l'elettronica faceva da padrona e che favorì i piloti più giovani, con gli esperti che hanno impiegato più tempo per adattarsi. In Formula 1 pare stia succedendo lo stesso, dimostrato domenica anche da uno come Raikkonen, che ha fatto fatica guidando con il suo solito stile. Certo però l’elettronica non è l'unico motivo per cui qualche ragazzo terribile a Melbourne è andato così forte. Il migliore probabilmente è stato Daniel Ricciardo, che ha stupito molti (anche alla luce delle difficoltà del compagno Vettel) giungendo secondo dietro a Rosberg. Certo, la squalifica dopo il traguardo gli ha tolto la gioia del primo podio in carriera, ma nulla è perduto, visto che la Red Bull ha già presentato ricorso. Tutto verte sulla diversa lettura dei dati sulla tra la scuderia e la Fia: gli austriaci hanno montato un sensore per il controllo del consumo di benzina che dava un valore diverso (ma corretto) rispetto a quello chiesto dalla federazione. Ma Ricciardo non è stato l’unico a stupire. Come Kevin Magnussen, danese che ha approfittato della squalifica dell’australiano per salire sul secondo gradino del podio, battendo così Hamilton ed eguagliando Villenueve come miglior risultato per un esordiente in gara (l’inglese terzo nel 2007, il canadese secondo nel 1996). Ma il 21enne della McLaren, che è stato per tutto il weekend più veloce del compagno, il 34enne Button (a conferma della fatica dei più esperti), ha la velocità nel sangue, essendo figlio d’arte: il padre Jan infatti corse una gara in Formula 1 proprio con le «frecce d’argento», per poi passare alla Stewart per due campionati. Qualche record importante lo ha battuto anche il giovanissimo russo della Toro Rosso Danlil Kvjat. Che per 199 giorni non è stato il più giovane di sempre a partire in una gara (il primato è di Jaime Alguersuari a 19 anni e 125 giorni nel 2009), ma arrivando nono ha tolto per 25 giorni ad un certo Sebastian Vettel il record di più giovane pilota ad andare a punti (il tedesco finì ottavo nel Gp degli Usa 2007 a 19 anni e 349). Ma Danlil ha il cuore mezzo italiano: da sette anni si è trasferito a Roma per correre con i kart, parla perfettamente la nostra lingua, tifa Roma e ha come idolo Francesco Totti. La carica dei giovani la guida un russo-italiano. di Matteo Spaziante