Caso Donnarumma

Paola Ferrari querela Mino Raiola e spiega a "Libero": "Mi ha ridicolizzata, non si può accettare tutto"

Alessandra Menzani

Paola Ferrari è una furia: "Ho deciso di fare causa a Mino Raiola. Per diffamazione. Non si può accettare tutto!", scrive su Twitter la giornalista Rai, presidente del comitato Etico Lega Calcio. La Ferrari ha dato mandato al suo legale di querelare il procuratore sportivo colpevole, secondo lei, di diffamazione a mezzo stampa. Motivo: dichiarazioni lesive della dignità della giornalista. La stessa Paola Ferrari ricostruisce con Libero la vicenda. Tutto è partito da un tweet che lei ha scritto sul caso Donnarumma, assistito proprio da Raiola. "Parlando con mio figlio di 18 anni e con altri giovani", spiega, "ho capito che sono rimasti colpiti negativamente dalla notizia di tutti quei soldi offerti al portiere del Milan Donnarumma, 18 anni. Erano amareggiati. Sono temi che mi toccano, essendo anche presidente del comitato codice etico della Lega Calcio". Parliamo di cinque milioni netti a stagione offerti dalla squadra rossonera allo sportivo. Quindi cosa ha scritto? "In sostanza ho domandato se Donnarumma sia o meno un esempio per i giovani. Se meriti di vestire la maglia della Nazionale. Sarò vecchio stampo, ma ai valori ci tengo". Insomma, la Ferrari ha voluto aprire un dibattito. "Invitavo a una riflessione", dice a Libero. Succede, poi, che Mino Raiola, come tutti sanno, convoca una conferenza stampa sul caso Donnarumma. Presenti le telecamere di Sky, Mediaset, Rai e molti giornalisti. "Colleghi mi hanno riferito, e poi mandato materiale audio, che Raiola per tre volte ha parlato di me. Dicendo che eticamente non valgo nulla. Ha usato termini secondo me dispregiativi e offensivi. Mi ha ridicolizzato". Dunque la decisione di procedere alle vie legali. "Ci ho pensato alcuni giorni. Ma non è giusto che si faccia passare tutto, stavolta voglio reagire. Ha superato i limiti, non si può denigrare così una giornalista. Il suo comportamento è un po' troppo libero, diciamo. Io non ho insultato nessuno, lui sì. Vedremo". La parola passa dunque ai legali. Non finisce qui.  di Alessandra Menzani