L'arresto in Uruguay

Uruguay, arrestato il boss della 'ndrangheta Morabito: era latitante in una villa extralusso

Giovanni Ruggiero

Da almeno 12 anni anni viveva in Uruguay, sotto nome falso, in una lussuosa villa con piscina nell’esclusiva zona di Punta del Este. Rocco Morabito, uno dei massimi esponenti dell’Ndrangheta calabrese, è stato arrestato sabato in un hotel di Montevideo, dopo 23 anni di latitanza. Era inserito dalla polizia italiana nell’elenco dei cinque ricercati più pericolosi, insieme al boss di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, al camorrista Marco di Lauro, a Giovanni Motisi e ad Attilio Cubeddu. ll ministero dell’interno uruguaiano ha già fatto sapere che il boss verrà estradato in Italia: il nostro ministero della Giustizia ha già avviato l’iter. Nato ad Africo, nella Locride, 51 anni fa, Morabito era conosciuto come ’U Tamungà, soprannome forse legato al Dkw Munga, fuoristrada militare tedesco, considerato pressoché indistruttibile, con cui pare che il boss si spostasse per le strade della jonica. Arrivato a Milano a 25 anni, Morabito ha iniziato a costruire la rete che gli ha permesso di inondare il capoluogo lombardo di cocaina. Un settore di business tradizionale per la famiglia, dato che ’U Tamungà è figlio di Domenico Morabito e Carmela Modafferi, nipote di Antonio Mollica e parente del temuto boss Peppe Tiradritto Morabito. Nel ’94 nell’inchiesta Fortaleza è stato incastrato dagli agenti sotto copertura mentre paga droga per 13 miliardi delle vecchie lire e ne importa (o tenta di farlo) per quasi una tonnellata. Morabito ha fatto perdere le proprie tracce mentre era inseguito da un mandato di cattura per traffico internazionale di stupefacenti ed era ricercato per scontare una condanna a trent’anni di carcere per associazione mafiosa e traffico di droga, rimediata nell’indagine della squadra Mobile coordinata dal pm Laura Barbaini. Gli inquirenti lo hanno cercato a Milano, dove risultava residente, a Cairate, nel Pavese, dove pare abbia sempre abitato, e in Calabria, senza alcun risultato. Per molto tempo, gli investigatori hanno pensato si fosse trasferito in Brasile, dove era stata avvistata la sua storica compagna Paula Maria De Olivera Correia, angolana naturalizzata portoghese. La donna, 54 enne, era con lui al momento dell’arresto avvenuto sabato pomeriggio. Arrivato in Uruguay nel 2002, come ha precisato ai media locali l’avvocato Alejandro Balbi, ’U Tamunga si è installato a Punta del Este, una delle più note località turistiche del Paese, sotto il nome di Francisco Antonio Capeletto Souza, nato il 14 ottobre 1967 in Rio de Janeiro (Brasile). Attraverso la falsa identità brasiliana era riuscito a ottenere una carta d’identità uruguayana. Si sospettava da anni che fosse fuggito in Brasile ma le indagini in Uruguay erano scattate sei mesi fa, dopo che aveva iscritto una figlia a scuola sotto il suo vero nome. Morabito è accusato dalle autorità uruguaiane di aver fatto parte tra il 1988 e il 1994 di un gruppo dedito al narcotraffico, in cui organizzava il trasporto della droga dal Sudamerica in Italia e la distribuzione a Milano. Nel dettaglio, riportano i media uruguaiani, il boss avrebbe organizzato nel 1993 il trasporto verso l’Italia di 32 chilogrammi di cocaina: il trafficante incaricato fu però arrestato in Francia il 21 gennaio 1993. Inoltre, Morabito avrebbe cercato di trasportare 592 kg di cocaina dal Brasile ma lo stupefacente fu sequestrato proprio in Brasile nel ’92. Nell’operazione che ha portato all’arresto la polizia uruguaiana ha confiscato dodici carte di credito, assegni, denaro contante, 13 telefonini, armi, una Mercedes e numerosissime fotografie con il volto del Morabito, che potranno essere vagliate per altre investigazioni. «L’azione dello Stato contro la criminalità organizzata ha conseguito un altro importante risultato con l’arresto di Rocco Morabito», ha dichiarato il ministro Marco Minniti complimentandosi con il capo della Polizia, Franco Gabrielli, e il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Tullio Del Sette. «L’arresto di Morabito, elemento di spicco dell’omonima cosca di Africo Nuovo e ritenuto il numero uno dei ricercati appartenenti alla n’drangheta - ha aggiunto - è il risultato dell’ottima attività di cooperazione investigativa internazionale tra la Polizia uruguaiana e il Dipartimento della Pubblica Sicurezza italiano, attraverso i rispettivi ufficiali di collegamento, che hanno consentito l’accertamento della vera identità del latitante, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Reggio Calabria».