La tentazione del PdL: passare all'opposizione
“Qui si sparisce”, mi fa un deputato del Pdl. E mi mostra un sms di un elettore: “Non votare, non condannarci ai lavori forzati”. Altro che malumore. Il principale partito del centrodestra è in crisi nera. Chi siamo, dove andiamo? Nessuno lo sa. Alla Camera, oggi, sulla fiducia al milleproroghe, si è rivisto: 24 assenti, 6 in missione, 5 astenuti. Renato Brunetta vagola per il Transatlantico, Giulio Tremonti non si vede da mesi, gli ex An fanno comunella da una parte, gli ex Fi dall’altra. E tutti scuotono la testa: così non si può andare avanti. Un altro deputato: “Perdiamo due punti a settimana. Fra un anno dove andiamo? E alle prossime amministrative sarà un bagno di sangue. Se al Nord non ci alleiamo con la Lega, perdiamo dappertutto. E tra liste civiche o del sindaco, il Pdl avrà una media del 15%. E’ il punto di non ritorno”. A questo punto, dicono in molti, meglio andare a votare. Ma Giorgio Napolitano non lo permetterà. E nemmeno gli italiani, pronti a punire chi fa cadere il governo che sta salvando l’Italia dal default. Allora? Ci sarebbe un’altra via. Ed è la grande tentazione che in questo momento attraversa il Pdl: passare all’opposizione. Con la Lega. “Almeno recuperiamo una voce, una strategia”. Intanto di là, nel centrosinistra, si torna a Vasto. Bersani in un’intervista all’Unità ha riaperto a Vendola e a Di Pietro. I quali hanno contraccambiato: “Bisogna riaprire il cantiere del centrosinistra”. A due mesi dall’insediamento del governo Monti, i partiti si sono già stancati. E smaniano di tornare ai rispettivi ovili: il Pdl dalla Lega, il Pd da Idv e Sel. E il decreto sulle liberalizzazioni rischia di essere stravolto dagli emendamenti dei partiti che “sostengono il governo”. Mi sbaglierò, ma per Monti la strada comincia a farsi in salita.