Cose da fare a Pasqua
Brera: amori sacri e profani
Proporre l’arte ma soprattutto saper comunicare con il pubblico. Pare questa la missione del direttore della Pinacoteca di Brera, James Bradburne. E’ lui una delle attrazioni di Brera. Alto e vestito in modo sgargiante, enuncia il suo credo con molta fiducia: l’arte deve aprirsi al pubblico, e possibilmente non essere puro marketing. Non si tratta di vendere calamite da frigo, ma emozioni. Spesso mettere piede in un museo è un modo sicuro per disamorarsi della bellezza. Una concezione vecchia e polverosa della conservazione e dell’esposizione delle opere d'arte tiene lontano il pubblico. D’altro canto, una tensione verso lo sbigliettamento a ogni costo ne snatura la funzione. E allora meglio darsi da fare e proporre qualcosa di nuovo, di “interattivo” come si dice ai nostri tempi. Ebbene, chi vorrà farsi un giro in questi giorni, potrà approfittare anche del nuovo allestimento delle sale napoleoniche, dove sono esposti i dipinti della scuola veneta tra Quattro e Cinquecento tra cui lo spettacolare Ritrovamento del corpo di San Marco, del Tintoretto. Due giorni fa è stato inaugurato un nuovo Dialogo. Si chiamano così le anteposizioni o contrapposizioni tra opere d’arte analoghe, in modo da permetterne il confronto. Questa si intitola “Attorno agli amori – Camillo Boccaccino sacro e profano”. In questo caso sono state messe a disposizione quattro opere. Tre di Camillo Boccaccino appunto, pittore lombardo vissuto nella prima metà del Cinquecento: una molto grande (è alta quasi tre metri), Madonna col bambino in gloria tra i santi, una intitolata Venere e Amore, e poi una piccolina, Amore si specchia nello scudo. Accanto a esse, una Venere e Amore di Giulio Cesare Procaccini, dipinta quasi un secolo più tardi, in pieno Barocco. Ma le novità di questi ambienti non riguardano solo le opere. Qui c’è da divertirsi. Bradburne, forse grazie al fatto di aver studiato architettura, ha pensato a come rendere piacevole la vita al pubblico. Per prima cosa, ha ingrandito le didascalie dei quadri, in modo che uno non sia costretto a schiacciare il naso contro la parete per leggerle, salvo poi allontanarsi di tre metri per vedere il dipinto nel suo complesso. Sembra l’uovo di Colombo: le ha messe davanti e tali da poter essere lette a una certa distanza. Seconda cosa: poter stare seduti. Ecco spuntare comode panche dove riposarsi per godere quello che si ha sotto gli occhi senza pensare alle vene varicose. E poi, in fase sperimentale, una forma di seat-sharing, condivisione di sgabelli che di volta in volta possono essere spostati nel punto in cui uno vuole piazzare la sua personale prospettiva. Altra cosa curiosa: le “didascalie in tessuto”, realizzate dall’azienda Rubelli. Riproducono, per esempio, parte di un dipinto del Crivelli, in modo tale che si abbia la sensazione di toccarlo. Infine, da non dimenticare che un’attività prestigiosa della Pinacoteca riguarda i restauri. Ecco allora ricomparire il Martirio di Santa Caterina d’Alessandria di Gaudenzio Ferrari, grazie al lavoro di una squadra eccellente della quale fanno parte Paola Borghese, Andrea Carini, Sara Scatragli. Buona visita.