E l'Inter ora scarica tutto su Facchetti
È sembrato un abbaglio collettivo, pochi infatti si staccavano dal coro delle previsioni favorevoli al Napoli. E forse ne è rimasta contagiata anche la squadra, caduto come l’Inter, niente triplete italiano in Champions: resta il Milan per la miseria di un gol. Improvvisamente ridiventiamo piccoli, e se il calcio inglese ce l’ha fatta per il rotto della cuffia, noi siamo lontani dagli splendori spagnoli e tedeschi. Toccherà dunque interrogarsi se sia stato il Napoli a tradire, più che il Chelsea a sbalordire col mestiere di Drogba, Lampard e Terry. La squadra di Mazzarri esce a testa alta, ma l’elogio sa di effimera consolazione: per noi esce e basta, e ce ne dispiace. Meglio dire chiaramente che il Napoli ha sbagliato l’approccio, troppo poco hanno fatto i suoi tenori: non c’era il miglior Lavezzi, meno che mai Cavani, il cui intervento più apprezzato è stato in chiave difensiva. Poco efficace Hamsik che avrebbe dovuto mettere in crisi il Chelsea sfilando tra le linee. Tutto questo può succedere quando si incontrano avversari di caratura superiore. Mazzarri si appiglia all’infortunio di Maggio, e può aver ragione, ma se bastava questo per fermare il Napoli, significa che i sogni dei quarti erano pretenziosi. Di Matteo ha rispolverato anche il niño Torres, che ha creato molti grattacapi alla difesa del Napoli. In una serata nerissima rendiamo atto a De Laurentiis di aver reagito con compostezza e filosofia: non è poco per chi è abituato a lanciare bordate e provocazioni. Ha salvato anche l’arbitro, e qualcosa poteva invece dire, ma ha chiuso con eleganza: «Per noi è esperienza». Il Napoli ha capito di dover catapultarsi subito sul campionato: il terzo posto per tornare in Champions è più che mai importante, De Laurentiis l’ha detto chiarissimo, e passa per l’Udinese al Friuli, nel posticipo di domenica. L’operazione Di Matteo è stata tentata anche da Ranieri, dentro tutti i senatori, ma l’esito è stato diverso. La guardia imperiale dei tempi del triplete è stata una comparsata di reduci, e l’eliminazione ad opera di Deschamps, vecchia Juve (c’entra poco ma insomma...) ha posto il timbro alla fine di un ciclo. L’ Inter, fattasi grande con Calciopoli quando gli avversari erano stati fatti fuori o messi in un angolo, dopo aver depredato tutto ciò che si poteva depredare, è giunta alla fine del percorso e del grande pateracchio; nessuno ne ha voluto la fine, giunta per via naturale lasciando che Moratti riprendesse le sue abitudini di sbagliare uomini e strategie. Il risultato è nei numeri: fuori dalla Champions, 17 punti dal Milan, otto dal terzo posto, fuori anche dalla Coppa Italia, distante anche l’Europa League. Ai grandi che compivano questo percorso gli antichi dedicavano un epitaffio. Non chiedetelo a noi, non siamo abituati ad infierire. Il Facchetti che non si doveva toccare neanche con un pensiero viene tristemente toccato dall’Inter stessa. Nella memoria difensiva presentata dal club nella causa intentatale dall’ex arbitro De Santis gli avvocati della società dicono e scriveranno che Facchetti non aveva le deleghe necessarie per commissionare le attività di dossieraggio ai danni di De Sanctis, e non solo. Evidente l’intento, Inter non colpevole, ma se fosse accertato un coinvolgimento di Facchetti, sarebbe stata una sua iniziativa personale, mancando le deleghe. Una squallida operazione nei confronti dello scomparso ex presidente, non sfuggita agli articolisti di Ju29ro che si chiedono cosa abbia da dire in proposito Gian Felice Facchetti visto che l’Inter «rinnega la celebrazione agiografica del padre». E anche la rosea, in proposito, cosa ne dice ? I nodi vengono al pettine. Basta saper aspettare. luciano.moggi@liberoquotidiano.it