La Lega di Maroni all'assalto delle poltrone Rai

Enrico Paoli

Con quella ricercata nonchalanche con la quale è solita buttar là tanto il bello quanto il brutto, come se la cosa non la riguardasse affatto, Irene Pivetti, una volta terza carica dello Stato oggi starlette televisiva in circa di uno spizzico di tv da occupare, ha liquidato l’azione politica del suo ex partito, la Lega, come una serie di “sussulti finali di un fenomeno ormai terminato”. Idem per il Pdl. Giudizi sferzanti, taglienti, al limite del tranchant,  quelli confidati al settimanale “Vanity Fair” da Irene Pivetti, che, pur di accreditare un’immagine diversa da quella impressa nella memoria collettiva, ex politica con benefit, racconta di spostarsi per Roma in autobus, con in tasca la tessera annuale dell’Atac, non avendo più la macchina. Insomma, un santino più che un’intervista. Detto ciò il dettaglio che c’interessa riguarda la Lega e il suo futuro politico. Davvero stiamo assistendo ai singulti di un malato in coma? A me pare di no. L’uscita di Roberto Maroni sulla Rai - “ a noi la presidenza se il Cda viene rinnovato seguendo le regole della legge Gasparri” - è tutt’altro che un “sussulto finale”, viste le reazioni provocate sia a destra che a sinistra. Assomiglia tanto, addirittura troppo, alla prova del fuoco che i ragazzi  di una volta facevano per entrare nel mondo dei grandi. Solo che questa prova non è di coraggio, ma di consociativismo. Il Carroccio, con l’affondo di Maroni, è sceso dal carro della secessione per salire su quello di poltronopoli. Non a caso l’Italia dei Valori ha ribattezzato il Carroccio la Lega poltrona. Un gioco perverso, ma necessario per restare in vita. E Maroni, medico rianimatore della Lega, lo ha capito perfettamente. Certo, non è detto che Maroni ottenga il risultato sperato, ma con quella uscita ha creato le basi per non essere tagliato fuori, soprattutto dal Pd, che vorrebbe trascinare Monti nella palude di una riforma al buio della Gasparri, pur di non perdere grip sulla Rai. Perché il vero nodo è cosa vuol fare il partito di Veltroni e Bersani? Vuole davvero una Rai libera da lacci e lacciuoli o sta cercando soltanto un altro modo per imbrigliarla? Ecco, almeno in questo Maroni ha avuto il pregio di far uscire allo scoperto i colonnelli di largo del Nazzareno, che senza la tv pubblica diventano dei pesci fuor d’acqua. Altro discorso, ovviamente, è la richiesta di privatizzazione. La Lega fa bene a chiedere di vendere la Rai, ma è solo un modo come un altro per tenere alto il dibattito. Nessuno dei partiti presenti in Parlamento ha veramente intenzione di metterla sul mercato, figuriamoci il governo. E allora la presidenza della Rai alla Lega, per dirla con il segretario del Pdl, Angelino Alfano non è affatto una bestemmia in Chiesa, ma una legittima aspirazione. “L’argomentazione di Maroni e della Lega sulla Rai, dal punto di vista formale, logico e giuridico non fa una grinza”, sostiene il delfino di Berlusconi, “ma io non la imposterei in termini di poltrone ma di prodotto”. “Per lo stesso motivo quelli della Lega potevano ottenere il Copasir, ma fu eccepito che loro avevano tantissime presidenze di commissioni”, spiega l’ex Guardasigilli, “i partiti dovrebbero occuparsi di mettere in Rai persone che rappresentano competenze specifiche per offrire un prodotto migliore ai cittadini e ai telespettatori”. Giusto, giustissimo. Lo dica anche ai suoi però….