Le "palle" della Lei e le "cazzate" di Celentano
Ok, d’accordo. Celentano ha fatto il suo show. Assurdo, incomprensibile, volgare, inutile. Non tanto per gli attacchi sguaiati e volgari nei confronti dei due mezzi d’informazione cattolici, il quotidiano Avvenire e il settimanale Famiglia Cristiana, che nei giorni scorsi lo avevano criticato. La sua, in fondo, è la tipica reazione dei biliosi privi di palle. No, il peggio sta nel voler continuare a maneggiare una materia che andrebbe trattata con cura, come la fede e Dio. Celentano non rappresenta né l’uno né l’altro, è soltanto un pessimo giullare di corte, non di Dio. Che ieri sera, forse, non ha affatto gradito lo show del molleggiato, ormai rimasto senza molle tanto è ancorato al suo smisurato ego. E, quel che è peggio, è che il direttore di Rai Uno, Mauro Mazza, sarà soddisfatto di aver lavorato un’altra volta contro il governo in carica. E il direttore artistico, Gianmarco Mazzi, sarà stra-contento di aver preso per il naso (simpatica metafora per non dire culo!) il direttore generale della Rai, Lorenza Lei che la coppia Morandi-Celentano ha fatto passare per una che applica la censura, addossandole la colpa di aver fatto fuori Michele Santoro. Per non parlare del manager delle Star. Figuriamoci. Lucio Presta – uno dal quale non comprerei bottiglia d’acqua, piena, nemmeno se fossi in mezzo al deserto – chissà che salti di gioia starà facendo avendo fregato tutti. Ma proprio tutti. Perché la sequenza di cazzate, sì proprio così, cazzate, sparate da Celentano dal palco dell’Ariston sono il sintomo che la Rai non è più un servizio pubblico, ma un ricettacolo di interessi privati pagati dal contribuente. E allora basta con il canone, perché se i miei soldi devono servire a pagare le uscite di testa di uno che si crede Dio, essendo a malapena un uomo, vuol dire che il limite è stato oltrepassato. E non siamo solo noi a dirlo. Noioso, lento, troppo lungo: questi i giudizi principali che comparsi sul social network Twitter pochi minuti dopo la performance di Celentano, durata quasi un’ora. «Non mi annoiavo così dalle lezioni sull’Ariosto», scrive Marta. «Credevo non ci fosse spettacolo più noioso del mio libro di anatomia», è il commento di Fabiola. E tanti i tweet che “inneggiano” concordi alla pubblicità: «Mai stato così felice per la pubblicità», «non avrei mai pensato di dirlo, ma menomale che c'è la pubblicità». Accoglienza mista all’attacco di Celentano ad Avvenire e Famiglia Cristiana. C'è chi ne apprezza la schiettezza («Finalmente qualcuno che dice chiaramente quanto siano inutili»), ma anche chi proprio non ci sta («Prima di parlarne si sciacqui la bocca. Poi se li legga», «Il teologo Celentano lasci in pace Avvenire e Famiglia Cristiana: legga Topolino»). Non piace particolarmente nemmeno la critica dell’artista alla bocciatura del referendum sulla legge elettorale da parte della Corte costituzionale: «Attacco pieno di inesattezza», lo definisce Francesco; «Disinformazione e populismo», secondo Roberto. E c’è anche un pizzico di nostalgia per un Adriano diverso: «Non ci posso credere che è la stessa persona che cantava Azzurro», commenta Luigi; «Continuo a preferire il Celentano cantante rispetto al Celentano profeta», scrive Igor; «Per me l’apice della sua carriera è stato interpretare la scimmia di Bingo Bongo, ironizza Monica. Certo, la voce della rete non è il verbo, non lo è nemmeno quella di Celentano, però, ma un segnale. Inequivocabile. Che non può non essere ascoltato. Ma che non ci toglie un dubbio. Quando Santoro mandò “affanbicchiere” l’ex direttore generale della Rai, Mauro Masi, scoppiò il finimondo. Adesso la Lei cosa farà? Starà a guardare, facendo registrare la più grande sconfitta della Rai, oppure proverà a dimostrare di avere spina dorsale? Ecco, siamo proprio curiosi si sapere come andrà a finire..Altrimenti ridateci Masi.....