La libertà di stampa a corrente alternata della Camusso
Difensori dei più deboli per contratto. Paladini delle cause libertarie per definizione, come quella per la libertà di stampa, tanto per entrare subito in tema. Ma se toccate i loro interessi, di qualunque tipo essi siano, diventano come i tori nell’arena. Il bello, o il brutto, è che il soggetto di tanto doppiopesismo è la Cgil, il sindacato guidato da Susanna Camusso che davanti al rosso, storicamente, dovrebbe sentirsi bene, a proprio agio. Invece non è sempre così. A far saltare l’immagine da santino della Camusso è stato un servizio del Tg1, quello diretto da Augusto Minzolini a cui la sinistra ha giurato amore eterno visto che lo attacca a prescindere, andato in onda l’8 aprile scorso nel quale il neo vicecaporedattore della redazione economia (la nomina è di ieri), Luigi Monfredi, raccontava la storia e la protesta dei licenziati dalla Cgil. La manifestazione è andata in scena a Roma, con tanto di bandiere rosse, davanti alla sede nazionale del sindacato. Monfredi, da cronista e non da opinionista, racconta nel servizio i fatti, non le opinioni, salvo quelle dei diretti interessati, cioè dei manifestanti. «Davanti alla sede nazionale della Cgil», recita l’attacco del servizio andato in onda nel Tg1 dell’8 aprile, «è andato in scena il dissenso nei confronti di un ex datore di lavoro. Sono tante le cause di lavoro intentate in tutta Italia da ex dipendenti». Talmente tante che un giudice del lavoro ha disposto il reintegro di un dipendente del sindacato. La Cgil, per contro, sostiene che siano solo 6. Ma conta il numero o l’oggetto del contendere? Se non si parla di piazze piene, evidentemente, per la Cgil i fatti non esistono. Esiste però la cronaca dei fatti. Eppure la Camusso, di fronte a tanta cronaca, ha deciso di replicare passando direttamente alle vie legali, ovvero querelando il Tg1 per diffamazione con annessa richiesta di danni. L’azione legale è stata intrapresa, altro fatto alquanto anomalo per un sindacato che è sceso in piazza per la libertà di stampa (di chi a questo punto, viene da chiedersi), saltando addirittura la casella del diritto di replica con richiesta di rettifica, come ha chiesto addirittura l’Associazione Stampa romana, il sindacato dei giornalisti della Capitale, storicamente vicina alla Cgil. Per dire, il giorno dello sciopero generale gli uffici del sindacato romano erano chiusi. Ma quando è troppo è troppo. «Dobbiamo ribadire con fermezza che riteniamo la denuncia per diffamazione un inaccettabile sistema intimidatorio nei confronti dei colleghi», recita una nota emessa in serata da Stampa romana, «non sarebbero mancati i metodi per rimediare, là dove lo si fosse ravvisato, a un errore o a un’incompletezza: la Cgil poteva chiedere una rettifica o di rendere conto delle proprie posizioni, magari attraverso un’intervista della stessa Camusso al Tg1. La libertà d’informazione si fonda su due cardini: l’autonomia dei giornalisti e la tutela dei cittadini, entrambe vanno tutelate pena uno squilibrio che finirebbe per mettere a rischio uno dei pilastri della convivenza democratica». E ora la Camusso che fa, querela anche il sindacato romano? Sostenendo, magari, che la nota di Stampa romana ha lo stesso tono diffamatorio del Tg1, accusato di aver trasmesso un servizio «lesivo dell’onore, della reputazione e dell’immagine della Cgil». ____