Se la Rai si scorda dei nostri militari in missione
Guido Crosetto, sottosegretario alla Difesa, usa l'aggettivo «positivo», pur sapendo che usarlo in casi come questo rischia di risultare fuorviante, per sintetizzare il contesto libico. Ma lo usa per una ragione molto semplice: i fatti di queste ore gli stanno dando ragione. Gheddafi in fuga e i ribelli hanno preso la Capitale libica. Altro che intervento infinito. «Le previsioni fatte dalla coalizione circa la durata del conflitto si sono rivelate giuste. Gli scettici, peraltro presenti anche all'interno della maggioranza, sono stati smentiti. Adesso spero davvero che si smetta di fare discorsi da bar sport, capaci solo di riempire la pancia dei nostri elettori». Tipo? «Tipo confondere la posizione internazionale di uno Stato con gli interessi della propria parte politica. Non è stando a Cuneo o a Bergamo che si produce reddito. Se avessimo assecondato questi discorsi, oggi ci troveremmo di fronte ad un conflitto che si è chiuso e con l'impossibilità di sedersi al tavolo delle trattative con il nuovo governo». E della relativa partita economica... «Che per noi è fondamentale, avendo un valore superiore a quello di tutti gli altri Paesi». Dunque è stato giusto far parte della missione Nato? «Noi ci siamo impegnati sino a qui e senza le nostre basi l'intervento non si sarebbe potuto fare. Abbiamo avuto un ruolo strategico e dobbiamo continuare ad averlo». Il che vuol dire restare un interlocutore privilegiato del futuro governo libico? «Il nostro intervento militare ci colloca laddove è necessario essere, ovvero in prima fila. È chiaro che saremo al fianco del futuro governo, nonostante l'avversione degli statisti della domenica». Che, invece, vorrebbero smarcarsi. «Non capendo che la sola Eni rende allo Stato italiano, per lo sfruttamento delle risorse in Libia, qualcosa come 250 milioni di euro al mese. Nonostante questo dato i pontificatori della domenica non hanno mai voluto guardare in faccia la realtà». Il suo collega Paolo Romani (il ministro dello Sviluppo economico ndr) parla di sostegno economico alle imprese italiane in Libia. «È un problema importante che va affrontato e possiamo farlo grazie alla posizione tenuta in questi mesi. Se ci fossimo defilati rispetto alla posizione assunta dalla Francia oggi pagheremmo un conto triplo rispetto agli altri». Con la Nato sono state impiegate le forze aeree e navali. È presumibile un futuro intervento dei nostri militari sul campo? «Lo escludo categoricamente. Non lo prevede il protocollo dell'alleanza». Nemmeno se la Nato cambia strategia? «Non ci sarà nessuna modificazione. Sarebbe un atto d'ingerenza». Restano sul campo, invece, gli uomini dell'intelligence. «Che hanno lavorato benissimo. Il fatto che il numero due libico sia arrivato in Italia, e non in Francia o in Germania, ne è la prova più evidente. La professionalità dei nostri militari è stata di altissimo livello e questo ci viene riconosciuto anche all'estero, un po' meno a casa nostra». Perché? «Perché rispetto alle missioni internazionali dei nostri soldati c'è una logica miope da parte di molte forze politiche. Uno Stato esiste se è ricchissimo o se ha un mix di ricchezza e presenza internazionale. La Difesa, per noi, è uno degli strumenti della nostra politica estera». Eppure c'è soltanto Sky, e non la Rai, a raccontare cosa stanno facendo i nostri militari in Afghanistan. «Mi rivolgo al consiglio di amministrazione della Rai per chiedere al servizio pubblico di essere tale. Raccontare cosa stanno facendo i militari italiani sarebbe utile a tutti. Sky ha fatto un grande lavoro, la tv pubblica dovrebbe fare altrettanto. Dieci giorni fa ero ad Herat con i tre militari feriti che sono voluti restare lì e non tornare a casa. Queste storie vanno raccontate".