Grande Mela

The Shed, a New York un concetto spaziale ultra-innovativo: ci potrà essere di tutto

Glaudo Maggi

Difficile definirlo. Bisogna vederlo ma, soprattutto, scorrere il suo programma di iniziative per capire che cosa sia. A New York apre il 5 aprile The Shed (vuol dire capannone, casotto), un termine provocatoriamente modesto per un concetto spaziale ultra-innovativo e architettonicamente ardito, e che aspira a diventare popolarissimo sulla scena globale. Museo? Teatro? Salone espositivo di arti visive? Salone per concerti? Ci potra’ essere di tutto, e di piu’, nel “capannone”. Del resto, quando l’allora sindaco Michael Bloomberg diede sei anni e mezzo fa al suo braccio destro Daniel Doctoroff l’incarico di immaginare una soluzione artistica per lo spazio di proprieta’ municipale alla fine della High Line, di fianco ai grattacieli residenziali e commerciali che sarebbero diventati un nuovo quartiere (gli Hudson Yards, alla fine occidentale della 30esima strada, a 100 metri dal fiume Hudson) pose due condizioni: deve essere qualcosa di mai visto a New York, che di sedi culturali ne ha oltre mille; e per fare cio’ deve introdurre il concetto della flessibilita’ per far diventare The Shed un modello rivoluzionario. Missione compiuta. Il team messo insieme da Doctoroff, guidato dal Ceo e direttore artistico Alex Poots e dal capo del programma civico Tamara McCaw, ha presentato l’opera il 3 aprile alla stampa, ed effettivamente l’eccezionalita’ e’ garantita: finora gli immobili dedicati ad ospitare la creativita’ umana in tutte le sue forme, dalla musica alla pittura, dal teatro classico alle performance d’avanguardia, sono stati, appunto, “immobili”. The Shed, invece, ha una struttura modulare. Sopra la parte fissa dell’edificio c’e’ un enorme tendone metallico dotato di grosse ruote che scorrono sui due binari laterali. Quando il creatore di uno spettacolo ha una scenografia che richiede piu’ spazio, il tendone, o guscio, puo’ essere spostato grazie alle ruote sui binari e ampliare l’agibilita’ della sezione fissa, praticamente fino al suo raddoppio. L’immobile dello Shed, insomma, e’ in realta’ …. mobile. Quando il guscio mobile si estende crea la McCourt, spazio da 1600 metri quadrati per performance e installazioni su larga scala, che puo’ ospitare 1250 persone sedute e 2000 in piedi. The Shed e’ una istituzione culturale indipendente senza scopo di lucro, e la sua realizzazione ha richiesto investimenti per quasi 500 milioni di dollari. I filantropi privati che hanno contribuito hanno guadagnato il diritto di avere il loro nome sull’opera: l’edificio intero si chiama Bloomberg Building, l’ottavo piano e’ il The Tisch Skylights, da dove si ammira una vista mozzafiato sull’Hudson, al sesto piano c’e’ il teatro Griffin, magnate che ha dato da solo 25 milioni di dollari. Il progetto architettonico e’ stato firmato dallo studio Diller Scofidio + Renfro (DS + R), nato nel 1981 e specializzato nel design urbano e nelle installazioni artistiche multimediali. Sciame Construction e’ l’impresa che ha costruito materialmente l’edificio: ha una storia di 43 anni di vita e ha lavorato per altre icone della citta’, dalla JP Morgan Library al New Museum, dal Museum of Art and Disegn al Columbia University Medical Center, tra i tanti. Il suo motto e’ “Dove Costruire E’ Un’arte”, per enfatizzare l’impegno per la qualita’. Frank J. Sciame Jr., CEO e Chairman della Sciame Construction LLC vanta origini italiane e il suo nome appare tra i finanziatori della NIAF, l’associazione degli italo-americani. Lo spettacolo di apertura, il 5 aprile, e’ il Soundtrack of America, una serie di concerti che dura una settimana, concepito e diretto da Steve McQueen, che celebra l’impatto della musica afro-americana sulla cultura contemporanea con performances di artisti di nuova generazione. di Glauco Maggi