Caccia al presidente
Donald Trump, un giudice della Virginia smaschera il procuratore Mueller
“C’e’ un giudice a Berlino, dunque”… e la Berlino brechtiana del 2018, in America e’ la citta’ di Alexandria, in Virginia, dove il giudice federale Thomas Ellis ha aspramente criticato, durante un’udienza al processo contro Paul Manafort, il team del procuratore speciale Robert Mueller per il metodo e i fini dell’inchiesta criminale contro di lui. L’ex manager della campagna di Donald Trump e’ sotto processo nel tribunale del distretto orientale della Virginia, incriminato di riciclaggio e frode fiscale, ed Ellis, il giudice incaricato di verificare o rigettare le accuse, ha espresso con chiarezza una perplessita’, prima di entrare nel merito dei fatti contestati a Manafort. E’ la stessa perplessita’ assai diffusa nella meta’ dell’America opposta a chi non ha altro in mente se non l’impeachment del presidente: “Io non vedo quale relazione questa incriminazione abbia con cio’ che il procuratore speciale Mueller e’ autorizzato a investigare”, ha detto il giudice Ellis. Tradotto: che cosa hanno a che fare i trascorsi illegali di Manafort (sempre che siano provati) quando faceva il consulente per il governo dell’Ukraina nel 2005 con l’ indagine Russiagate che deve chiarire se la campagna di Trump, nel 2016, ha colluso con il governo della Russia per stravolgere illecitamente il corso delle elezioni presidenziali negli USA? “Ma andiamo! (“C’mon man!”, ha esclamato Ellis usando l’espressione del gergo popolare americano di chi vuole esprimere impazienza e fastidio di fronte a una situazione ritenuta ingiusta NDR). Noi in questo paese non vogliamo ci sia nessuno che abbia un potere senza restrizioni”. Il riferimento del giudice di Alexandria e’ ai confini entro i quali si deve muovere chiunque amministri la giustizia, tanto piu’ se si tratta di un ‘procuratore speciale’ incaricato di un compito ben definito: in questo caso, la “collusione” tra la campagna del candidato repubblicano e Mosca. Ellis e’ anche andato oltre, svergognando le vere intenzioni di Mueller e dei suoi legali (molti dei quali sono noti Democratici che hanno persino finanziato la Clinton e il suo partito) sui motivi per i quali e’ stato incriminato Manafort: “A voi non frega niente di Manafort. Voi siete in realta’ interessati alle informazioni, che lui vi puo’ dare, che conducano a Trump e all’impeachment, o a qualche altra cosa”. L’udienza di venerdi’ era incentrata sul tentativo degli avvocati di Manafort di contestare l’autorita’ dell’ufficio del procuratore speciale di portare avanti le incriminazioni contro il loro assistito in quanto “esterne” al mandato di investigare concesso a Mueller. Il mandato originario comprende l’indagine “su tutti i legami e i coordinamenti tra il governo russo e individui associati alla campagna di Trump; qualsiasi materia che emerga o possa emergere dall’indagine; o altro, che possa portare ai crimini di spergiuro o di ostruzione della giustizia”. Oltre a questi contenuti del mandato di partenza, pero’, un secondo memorandum stilato il mese scorso dal vice ministro della Giustizia Rod Rosenstein, memo che e’ rimasto segreto, ha specificato i confini dell’inchiesta di Mueller piu’ dettagliatamente. Il fatto che i legali di Mueller non abbiano voluto mostrare al giudice Ellis questo memorandum la ha fatto arrabbiare assai. Al punto che ha stigmatizzato l’episodio con le seguenti parole di condanna del loro atteggiamento: “Avevamo detto su che cosa fosse l’indagine ma non siamo vincolati ad essa. E stavamo mentendo”. Ellis non ha ancora rigettato il caso, e quindi Manafort rischia una condanna – per i reati finanziari esterni al Russiagate - che lo terrebbe in galera per tutta la vita. Il giudice della Virginia ha dato, pero’, due settimane di tempo agli avvocati di Mueller per fargli avere il testo completo del memo di Rosenstein, o per fornire una dettagliata motivazione del perche’ il memo non riguardi in caso Manafort, come Mueller sostiene. In ogni caso, il brusco stop del giudice di Alexandria al Russiagate e’ la prima battaglia della lunga guerra tra Trump e i suoi nemici, destinata ad approdare alla Corte Suprema nel caso Mueller ordini al presidente di comparire (e lui respinga il subpoena). O a finire nelle aule del Congresso con la procedura politica di impeachment, se nelle elezioni di medio termine del novembre 2018 i Democratici riprenderanno il controllo di Camera e Senato, e decideranno di avviarla. di Glauco Maggi