Il presidente degli Stati Uniti
Donald Trump, capolavoro in Corea: arriverà alla pace tra Pyongyang e Seul
Trump sta realizzando un obiettivo che per i suoi predecessori era solo un miraggio: arrivare alla pace reale tra il regime stalinista della Corea del Nord e il governo democratico della Corea del Sud, e alla denuclearizzazione della penisola. Furono gli Stati Uniti nel 1953 a firmare l’armistizio con Pyongyang per “sospendere” la guerra guerreggiata in Corea, e infatti i due paesi sono separati al confine da una zona demilitarizzata con migliaia di soldati e armamenti che si fronteggiano da decenni. Fra poco i leader del Nord e del Sud si incontreranno per intavolare, per la prima volta, trattative definitive per il passaggio dall’armistizio alla pace vera. E ai primi di giugno sara’ Trump a incontrare il dittatore della Corea del Nord Kim Jong-Un, il primo presidente Usa ad avere questa opportunita’. In agenda ci sara’ la pace che senza l’America non si potrebbe firmare. I precedenti meeting sono stati fallimentari. Con Bill Clinton, Pyongyang promise di non farsi l’atomica in cambio di soldi: li ebbe, ma inizio’ lo stesso in segreto il suo piano nucleare. Con George Bush ci furono riunioni multilaterali (con Cina e Russia presenti) che non portarono a nulla, se non alla cancellazione della Corea del Nord dalla lista nera dei paesi sponsor del terrorismo. Con Obama, beh, si sa che non era il tipo da chiedere a uno stato canaglia di non essere piu’ canaglia, e cosi’ la Corea del Nord ha continuato imperterrita a fare progressi nucleari e balistici. Anzi nel secondo mandato Barack ha fatto il “capolavoro” dell’accordo nucleare con l’Iran, coprendo l’ayatollah di danaro (letteralmente, perche' uso' aerei segreti per spedire la somma pattuita, in euro e franchi svizzeri, a Teheran). Cosi’ Trump si e’ trovato con due patate bollenti: con l’Iran e’ deciso ad annullare prossimamente il patto firmato da Obama; e con Kim e’ nel mezzo di una operazione delicatissima, che ha fatto passi clamorosi negli ultimi giorni. Ieri Trump aveva detto che “c’erano stati contatti ad altissimo livello tra il suo governo e i leader nordcoreani” e che lui “aveva dato la sua benedizione” ai colloqui di pace tra i delegati delle due Coree che stanno preparando l’incontro tra i rispettivi presidenti. Oggi sono usciti i dettagli: nel fine settimana pasquale, Trump ha mandato il direttore della Cia Mike Pompeo (in procinto di essere approvato dal Senato come Segretario di Stato dopo l’uscita di Tillerson) a vedere direttamente Kim Jong-Un e mettere le basi per l’incontro tra i due massimi leader. Impossibile non riconoscere il merito a Trump per aver portato Usa e Corea del Nord sull’orlo di una pace - e di una denuclearizzazione ovviamente collegata – che se fosse raggiunta non avrebbe paragoni con alcun altro successo diplomatico-politico precedente, se non riandando alla vittoria della Guerra Fredda con l’URSS di Ronald Reagan. I Democratici, che nel passato post bellico sono stati protagonisti dei fiaschi della Baia dei Porci a Cuba e dell’avvio della guerra in Vietnam, saranno costretti ad applaudire il loro arcinemico Trump, dopo averlo trattato da pazzo perche’ chiamava Kim “ Rocket Man” e minacciava sfracelli pur di fermare l’incubo di missili nordcoreani in grado di colpire l’America. Evidentemente, aver visto Trump all’opera, affiancato dal team di militari alla Difesa, e dai falchi Pompeo alla Cia e John Bolton come consigliere della Sicurezza alla Casa Bianca, ha indotto Kim alle trattative serie. Al punto al quale si e’ spinto, e’ sempre meno facile per il “pazzo di Pyongyang” uscire dall’angolo delle pressioni internazionali. E l’alleanza tra USA, Gran Bretagna e Francia che ha bombardato la Siria ha fatto capire che Trump non e’ isolato, anche quando ordina di sparare ai nemici. di Glauco Maggi