Gradimento del presidente

Donald Trump, sondaggio Rasmussen: per la prima volta i favorevoli sorpassano i contrari

Glauco Maggi

Trump batte Obama per 50 a 45! Chiedete a dieci vostri amici interessati alla politica americana (e che non leggono Libero) se Trump ha un rating di approvazione nei sondaggi buono, decente, cattivo o imbarazzante. Secondo me, grazie a quanto i media dicono e scrivono di lui, il povero Donald ne esce a pezzi. Tutti o quasi vi risponderanno “cattivo o imbarazzante”. La risposta esatta, per me, e’ invece “decente” se si considera il rating medio dei sondaggi curato dal sito RealClearPolitics, e “buono” se si prende Rasmussen, il solo sondaggista (con la Universita’ di Los Angeles) a prevedere nel novembre del 2016, appena prima del voto, che il Repubblicano non era spacciato, anzi. Secondo RCP Trump, il 23 febbraio, aveva un giudizio positivo dal 42,2% degli americani, e negativo dal 53,7% (con il 4% di indecisi). Per Rasmussen, quello stesso giorno il presidente Repubblicano aveva raggiunto, attraverso una lenta risalita, il 50% di positivi contro il 49% di contrari. Dopo aver perso il voto popolare per oltre due milioni di voti alle presidenziali di 16 mesi fa, quando fu eletto con il 46.4 % degli elettori contro il 48,5% di Hillary, Trump non ha insomma subito quel tracollo di consensi che l’opinione mediatica diffusa vorrebbe far credere. Il ‘rapporto Rasmussen’ di venerdi’, quello che ha registrato il sorpasso per 50 a 49 dei favorevoli a Trump, segnala anche che lo zoccolo duro dei pro Trump, coloro che “fortemente lo approvano” e’ pari al 34%. Coloro che lo “disapprovano fortemente” sono il 41%, il che significa che c’e’ una ampia fetta di americani ancora aperti a modificare il giudizio, in un verso o nell’altro. Se questi dati sull’attuale valutazione di Trump dell’elettorato americano suonano gia’ piuttosto sorprendenti e deludenti per il pubblico italiano ed europeo che si chiede come possa ancora essere presidente, che dire allora dell’altro confronto impietoso che ho citato in apertura? Sono sempre le rilevazioni di Rasmussen a registrarlo: “i probabili elettori americani”, alla stessa data di febbraio dell’anno successivo all’insediamento di Obama, ossia il 23 febbraio del 2010, avevano espresso un rating favorevole al presidente Democratico nella misura del 45%, cinque punti in meno dei 50 di Donald ora. Ammetto che mi sono stupito un po’ anch’io, ma i numeri sono numeri e la metodologia del sondaggio e’ sempre la stessa (Rasmussen e’ il solo che fa interviste online ad un campione quotidiano di 1500 probabili elettori scelti a caso e poi pubblica giorno per giorno il dato medio degli ultimi tre giorni). Il Russiagate che dura da un anno, e gli attacchi a Trump per la politica sulle armi dopo la strage in Florida dell’ultima settimana non hanno quindi distrutto la reputazione di Trump come era nelle speranze dei DEM e dei media fiancheggiatori. E’ evidente invece che la legge che ha tagliato le tasse e aumentato le paghe, l’economia che tira come dimostrano i profitti aziendali e gli indici dell’ottimismo degli imprenditori e la Borsa OK stanno incidendo sul morale della gente. Infatti, secondo un altro sondaggio, l’Harvard CAPS-Harris, il 57% degli americani approva il lavoro che Trump sta facendo nel campo dell’economia e del lavoro, un livello di stima che non aveva mai raggiunto in precedenza. Il motto usato dalla campagna di Bill Clinton per battere Bush il Vecchio nel 1992 era stato “e’ l’economia, stupido”, che decide la sorte di un presidente. E vale ancora oggi. di Glauco Maggi