Bill De Blasio
Povera New York, ha un sindaco leninista
“Nel 2013, lei ha fatto la corsa per essere eletto sindaco di New York con un programma per la riduzione delle ineguaglianze di reddito. Ma in quali campi e’ stato piu’ duro fare dei progressi? Stipendi, abitazioni, scuole?”, ha chiesto (4 settembre) il New York Magazine a Bill de Blasio, che e’ in piena campagna elettorale per il voto di novembre in cui vincera’ (probabilita’, 99%) il secondo mandato. Risposta di de Blasio: “L’ostacolo piu’ duro e’ il nostro sistema legale che e’ strutturato per favorire la proprieta’ privata. Io penso che alla gente in tutta la citta’, di ogni background, piacerebbe avere il governo municipale in grado di determinare quali palazzi devono essere costruiti, quanto devono essere alti, chi ci va a vivere dentro, quanto debba costare l’affitto. Io credo che ci sia un impulso socialista , ne sento parlare ogni giorno in ogni genere di comunita’. Alla gente piacerebbe che le cose fossero pianificate in accordo ai loro bisogni. E pure a me piacerebbe. Sfortunatamente, cio’ che si mette di traverso a cio’ sono centinaia di anni di storia che hanno elevato i diritti di proprieta’ e la ricchezza a un punto tale che questa e’ la realta’ che detta il tono allo sviluppo”. Se c’era qualche dubbio sul fatto che il sindaco di New York sia un socialista, le franche risposte al New York Magazine dovrebbero spazzarli via. Non bastano? Ci provo raccontando l’ultima sua trovata. Venerdi’ ha annunciato la creazione di una commissione di 18 membri che, “entro 90 giorni” presenteranno “le linee guida su come la citta’ deve trattare i monumenti visti come oppressivi e inconsistenti con i valori di New York City”. Ma “visti” da chi? In una citta’ di 8,4 milioni di abitanti, dove il 36% della popolazione e’ nata all’estero e dove si parlano 800 lingue, solo un nostalgico delle avanguardie leniniste puo’ arrogarsi il diritto di decidere “quali sono i valori che interessano a noi newyorkers”. Il “noi newyorkers ” di de Blasio e’ pura retorica di sinistra: e’ stato eletto con il 17% dei 4,3 milioni di cittadini registrati per votare, ossia circa 750mila persone su 8,4 milioni, ma ha la pretesa di rappresentare i “valori” della citta’, mentre ha in mente di imporre solo i suoi. La “Commissione di consulenza sull’Arte, i Monumenti e le Lapidi della Citta’”, e gia’ il nome fa paura, e’ una “polizia per la correttezza politica” in campo culturale che sa tanto di MinCulPop di segno stalinista. Il gruppo di “saggi” nominati dal sindaco potra’ suggerire di abbattere le statue che non soddisfano i “valori di de Blasio”, oppure potra’ “correggerle” con placche in cui il personaggio “oppressivo” verra’ sistemato per le feste, e il pubblico non si sentira’ piu’ “offeso”. Ma chi scrivera’ il testo a latere di una statua, per esempio pensiamo a quella di Cristoforo Colombo, per renderla “consistente con i valori di New York City?”. Harry Belafonte? Il cantante di colore, che e’ uno dei 18, defini’ Colin Powell “uno schiavo di quelli che stanno nella casa del padrone”, alludendo al fatto che l’ex generale nero era entrato nella Casa Bianca di George W. Bush come segretario di Stato. Come non pensare a Stalin che aveva l’abitudine di “correggere” le fotografie dei gerarchi del partito, allineati sul palco della Piazza Rossa il Primo Maggio attorno al capo, depurandole dei compagni che via via erano stati depurati fisicamente perche’ non “ortodossi” agli occhi del Supremo Leader. Sara’ uno spasso - amaro - vedere come il sindaco “ripulira’ “ l’arte e i simboli nella citta’ piu’ libera e diversa al mondo con i suoi spazzini a caccia postuma della scorrettezza politica. L’iniziativa e’ il prototipo di una soluzione per un problema che non esiste. Il New York Post ci e’ andato pesante: “Monumentale Follia”, ha titolato, interpretando davvero cio’ che pensa la gente… almeno quella che non ha “un impulso socialista”. di Glauco Maggi