Usa astenuti per la prima volta sulle colonie in Cisgiordania
Voto alle Nazioni Unite contro IsraeleCosì Barack inguaia ancor di più i Dem
L’ultima pugnalata di Obama ad Israele, e al suo primo ministro Bibi Netaniahu, e’ stata inferta all’Onu, meno di un mese prima che la Casa Bianca e la politica americana cambino padrone. Abbandonando una linea che era stata sempre tenuta fin dal 1980, l’ambasciatrice USA uscente Samantha Power ha dato venerdi’ 23 la sua astensione, su ordine di Barack, ad una risoluzione che condanna Israele per gli insediamenti dei suoi coloni nelle zone attorno a Gerusalemme che i palestinesi rivendicano come proprie. L’intento inattuabile di Al Fatah-Hamas e’ di ripristinare i confini del 1967, prima della Guerra dei 6 Giorni con cui Israele aveva riconquistato il suo spazio vitale e difendibile. Finora, tutti i presidenti USA di entrambi i partiti avevano sempre posto il veto ad ogni risoluzione, critica di Israele su questo e su altri punti, che era sottoposta periodicamente al voto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il principio, seguito anche da Bill Clinton, era sempre stato che non deve essere il Palazzo di Vetro a portare ad un accordo definitivo di pace tra palestinesi e israeliani, ma solo dirette negoziazioni tra le due parti. Il “tradimento” della Casa Bianca obamiana era nell’aria da tempo, maturato nel disprezzo verso Netanyahu e nella obiettiva simpatia, malcelata, per Al Fatah-Hamas. Il fatto che si sia materializzato quando l’America attende fra qualche settimana un nuovo presidente che ha vinto anche perche’ ha nel suo programma il pieno ripristino dell’appoggio e dell’amicizia con Gerusalemme, e’ pero’ la prova che Obama ha deciso di agire cosi’ con il doppio scopo di colpire due nemici: mettere in difficolta’ politica Netanyahu, e far pagare a Trump le sue esplicite prese di posizione pro Israele. Se avesse vinto Hillary, Obama non avrebbe dato il segnale agli altri 14 membri del Consiglio di sicurezza, i 4 permanenti e i 10 rotanti, affinche’ organizzassero proprio ora la messa ai voti del testo. Sarebbe stata una mossa contro i margini di mediazione della stessa Hillary. Infatti, pur non avendo alcun effetto legale pratico, il testo approvato rende piu’ difficile una futura intesa diretta tra le due parti in conflitto, poiche’ i palestinesi avranno dalla parte loro il “precedente” politico della condanna agli insediamenti votata all’ONU. Quindi, anche il ruolo esterno svolto dalla diplomazia tradizionalmente alleata con gli ebrei verra’ indebolito. Soprattutto il peso dei presidenti americani che per quasi 40 anni hanno cercato di mediare accordi, da Carter fino a George Bush. Trump non e’ stato alla finestra nella vicenda: non solo si e’ fatto sentire con un pesante tweet sull’ONU, ha pure ottenuto un successo politico nelle relazioni internazionali. Trump e il suo team della transizione hanno avuto colloqui con il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi e con ufficiali israeliani e sono riusciti a bloccare il testo della risoluzione, che era stato preparato dall’Egitto, poche ore prima che fosse messo al voto. I diplomatici USA ed europei sono andati su tutte le furie per l’intervento di Trump, che hanno bollato come “interferenza” ma che e’ in realta’ la dimostrazione del peso autorevole di Donald ancor prima di giurare da presidente. Dopo il ritiro dell’Egitto, la risoluzione e’ stata in fretta e furia riscritta e co-sponsorizzata da un quartetto di governi imbarazzante: Venezuela (comunisti), Malesia (islamici), Senegal e Nuova Zelanda. Immediatamente, Netanyahu ha richiamato per protesta i suoi ambasciatori da Senegal e Nuova Zelanda. La decisione di Obama ha provocato reazioni durissime non solo da tutto il GOP, ma anche dalla fetta ebraica nel partito Democratico, che e’ molto rilevante. Il prossimo capo della minoranza DEM al Senato, Chuck Schumer, ebreo di New York, e’ stato lesto nella condanna: “Il voto all’ONU e’ frustrante, deludente e crea confusione” e portera’ Israele piu’ lontano dalla pace. In Israele, anche le forze d’opposizione al primo ministro Netanyahu si sono levate a condannare. “C’e’ un accordo totale nella societa’ israeliana che questo voto e’ un passo pericoloso e dannoso che non promuovera’ la pace in nessun modo”, ha detto Yair Lapid, capo del partito di opposizione Yesh Atid. “Una decisione come questa sara’ una spinta per il terrore e la violenza, e non fara’ progredire i negoziati”. La grave decisione del Consiglio di Sicurezza del Palazzo di Vetro mostra come Trump abbia chiarissimo la scala delle amicizie politiche internazionali: Israele e’, e sara’, al primo posto. Tra i governi che hanno firmato contro ci sono la Russia di Putin e la Cina, ma Obama ha preferito schierarsi dalla loro parte invece di difendere la sola democrazia nel Medio Oriente. Astenersi, ossia non porre il veto, in questa situazione e’ stato come votare a favore. Ma anche sul futuro delle Nazioni Unite il presidente–eletto ha voluto mandare un messaggio di avvertimento con un tweet: “Per quanto riguarda l’ONU, le cose saranno differenti dopo il 20 gennaio”. Gli Usa sono i massimi finanziatori delle Nazioni Unite, e Trump ha fatto capire che e’ aperto a tutto, anche a usare quella leva se l’organismo internazionale, con le sue risoluzioni sostenute da governi non democratici, cerchera’ di danneggiare l’America, e il suo primo alleato. di Glauco Maggi