Staffetta da brividi
Da Obama a Hillary? Economia Usa dalla padella alla brace
La crescita economica dei due mandati di Obama, dalla grande crisi del 2007-2008, e’ stata asfittica, attorno al 2%, la piu’ bassa storicamente in un lungo periodo post-recessivo. Trump promette che i suoi tagli delle aliquote fiscali per gli individui e per le corporation genereranno una crescita del PIL del 4% e 25 milioni di posti di lavoro, mentre Hillary, e’ notizia di oggi 23 settembre, ha annunciato che il suo programma fiscale, oltre a mantenere sostanzialmente o magari alzare le gia’ elevate aliquote attuali, prevede un innalzamento della tassa sulle eredita’ al 65% per i piu’ ricchi (ora e’ al 40%). Tasse su o tasse giu’, l’eterno dibattito. E’ quindi interessante, e cruciale, capire quali politiche fiscali, nel passato, hanno fatto poi meglio alla salute economica dell’America, e un libro appena uscito nelle librerie del giornalista finanziario Lawrence Kudlow, scritto a quattro mani con lo storico Brian Domitrovic, e’ un’ottima traccia. La parola a JFK: “Le nostre aliquote sui redditi, in breve, sono cosi’ alte da indebolire la vera essenza del progresso di una societa’ libera, ossia l’incentivo di un addizionale ritorno per un addizionale sforzo. Questa amministrazione intende tagliare le tasse per costruire la forza fondamentale della nostra economia, per rimuovere una seria barriera alla crescita di lungo termine, per aumentare gli incentivi eliminando ingiustizie e complessita’ e per prevenire un deficit ancora piu’ grande che altrimenti una economia frenata e lasciata indietro di sicuro produrrebbe. Il peggior deficit viene da una recessione … e questo puo’ essere il passo piu’ importante che noi possiamo prendere per evitare un’altra recessione”. E ancora, spiega il presidente,” questo e’ il giusto tipo di taglio di tasse (permanente, non temporaneo NDR) per il vostro budget familiare e per il budget nazionale risultante da una permanente riforma di base e di riduzione nella nostra struttura delle aliquote, un creativo taglio di tasse capace di creare piu’ posti di lavoro e piu’ redditi per le persone e piu’ introiti di tasse per lo Stato….. Sara’ un taglio alle tasse per tutte le aliquote , un taglio dall’alto in basso per i redditi delle famiglie e per il profitti delle aziende. Ogni dollaro salvato dalla tassazione che viene speso o investito aiutera’ a creare nuovi posti e nuovi salari. E questi nuovi posti e nuovi salari potranno creare altri lavori e altri salari e piu’ clienti e piu’ crescita per un’economia americana in espansione”. Siamo agli inizi degli Anni Sessanta e le dichiarazioni riportate faranno strabuzzare gli occhi ai giovani di sinistra che pensano che Obama pro-tasse alte sia un Kennedy reincarnato. Sono frasi, ripeto, di Jack Fitzgerald Kennedy, che non visse abbastanza per firmare la legge, con questo esatto programma, che poi il Congresso approvo’ sotto il suo successore L.B. Johnson. Il taglio fu tra il 30% e il 22% su tutte le aliquote, che scesero dal 91 al 65% la piu' alta, e dal 20 al 14% la piu' bassa. Il titolo del libro, per i tipi della Penguin Random House, e’ “JFK and the Reagan Revolution – A secret History of the American Prosperity” (La rivoluzione di JFK e di Reagan – storia segreta della prosperita’ americana). La ricostruzione dei due autori (Kudlow e’ di simpatie repubblicane) da’ a Cesare quello che e’ di Cesare, cioe’ riconosce che la forte crescita del PIL USA negli Anni Sessanta, il 5%, e’ stata l’ispirazione per la politica di tagli fiscali e di deregolamentazione del governo di Reagan, che avrebbe permesso all’America due decenni di forte crescita, gli ‘80 e i ’90. Ronald Reagan non invento’ insomma la ricetta giusta, che si era poi persa strada con L.B. Johnson, Nixon e Carter, sprofondando negli Anni 70 gli USA nella stagflazione (stagnazione + inflazione) piu’ devastante dalla Grande Depressione. Ebbe pero’ il merito di farla rivivere, in pieno e, ovviamente, con gli stessi esiti brillanti. Il verdetto della storia su quale sia la via piu’ redditizia per tornare ai livelli di crescita generati da JFK e da Reagan e’ quindi chiaro: serve uno sforzo politico bipartisan, come si realizzo’ sotto i due presidenti riformatori, e un approccio culturale e ideologico pro business, con tasse basse e meno regole, quindi l’opposto di quello promosso da Obama e ereditato (per convenienza elettorale) dalla Clinton filosocialista. JFK veniva da una famiglia di businessmen e come segretario del Tesoro aveva nominato Douglas Dillon, un Repubblicano. Reagan seppe lavorare proficuamente anche quando il parlamento era in mani Democratiche. Il voto di novembre, viste le proposte divergenti in tema fiscale di Trump e Hillary, dira’ se l’America e’ pronta per una nuova “Rivoluzione” kennediana-reaganiana, o se si dovra’ attendere un nuovo collasso alla Carter per cambiare registro. di Glauco Maggi @glaucomaggi