Flip flop

Donald Trump e la retromarcia sugli immigrati

Glauco Maggi

Trump, dunque, sta cambiando la sua posizione sull'immigrazione. Articolare in dettaglio le sue proposte non era di sicuro stato il suo forte durante le primarie, ma se c’era un tema sul quale era stato netto fino alla provocazione era quello dei confini da sigillare, per ripristinare la identita’ nazionale dando sicurezza contro “gli spacciatori di droga e stupratori messicani”. Donald si era imposto all’attenzione dei repubblicani proprio per le sue esplosive sparate sul “muro da costruire subito, e da far pagare al Messico”, e aveva sbaragliato la concorrenza di Jeb Bush, Marco Rubio, John Kasich e degli altri contendenti alla nomination inclini a trovare una linea ragionevole per la soluzione del problema degli 11 milioni di irregolari da anni nel Paese. Trump, e il senatore texano ultraconservatore Ted Cruz, avevano fatto a gara nel bollare con il termine tossico e impronunciabile di “amnistia” ogni iniziativa che si basasse sulla presa d’atto della impossibilita’ pratica di deportare tanta gente con un atto di imperio di Washington, e della conseguente necessita’ di trovare una soluzione accettabile, di compromesso. Il candidato del GOP deve anche essere stato istruito, dalla nuova manager della campagna Kellyanne Conway, sondaggista e stratega pragmatica, che se non alza il tasso infimo che ha adesso tra ispanici e neri la Casa Bianca se la scorda. Con l’apertura ad una sistemazione praticabile degli irregolari, inoltre, Trump ha fatto un passo verso il mondo del business, che e’ ben consapevole delle negative ripercussioni sull’economia USA nel caso sparissero di punto in bianco le legioni di contadini e di giardinieri, di colf e di muratori, che operano oggi in un effettivo limbo sociale. Per non parlare delle aziende multinazionali e della tecnologia che spingono per l’ampliamento dei permessi di residenza permanente concessi ai neolaureati stranieri e ai lavoratori altamente specializzati indispensabii a far marciare a pieno ritmo l’innovazione americana, vero motore della crescita. Peraltro, che esistano legioni di questi “non cittadini”, impiegati piu’ o meno in nero, lo sanno tutti, le autorita’ in primo luogo. Molte citta’ si chiamano “santuari” non a caso, proprio perche’ i sindaci, e i consigli comunali, hanno emesso nel corso degli anni misure di legge che vietano persino alle forze di polizia municipali di verificare la cittadinanza delle persone. Solo se colti in flagrante mentre commettono dei crimini, la loro identificazione puo’, e non obbligatoriamente, diventare un caso di interesse federale e portare all’espulsione da parte della “polizia nazionale per l’immigrazione”. Che cosa rischia Trump con questa conversione, di fatto, verso il centro della politica USA su questo tema? Ha ammorbidito tanto i toni che il Wall Street Journal ha commentato oggi che "le sue proposte ora sembrano non lontane da quelle di Jeb Bush e di Rubio". I DEM, siccome hanno paura che il "nuovo" Trump abbia un maggiore appeal tra le minoranze e i bianchi istruiti, lo attaccano dicendo che non credono al suo cambiamento. Ma per i politici questa e’ la norma piu’ che l’eccezione. Il curioso, semmai, e' che Hillary, che sul libero commercio ha fatto il flip -flop dichiarandosi contraria ai patti con Europa e Asia mentre da segretaria di Stato era a favore, sia passata da una posizione di centro (quella pro patti commerciali che accomuna Obama e lo speaker repubblicano Paul Ryan) ad una posizione di sinistra, iper protezionista e cara ai sindacati. Lei, elettoralmente, ha fatto la capriola per inseguire Sanders, ed ora su questo argomento del commercio estero libero e’ insieme a Trump. La differenza e’ che nei media nessuno critica la Clinton, per la sua incoerenza, con lo stesso livello di derisione e disprezzo che riserva a Trump. di Glauco Maggi  twitter @glaucomaggi