Diari d'America

Trump, il sondaggio che lo rilancia (dopo un giugno da incubo)

Glauco Maggi

Tanto rumore per nulla? Giugno e’ stato il mese peggiore per l’immagine di Trump, con i sondaggi NBC e ABC  che avevano segnalato un suo sensibile calo e molti commentatori che lo davano per affondato, riaccendendo tra i “dissidenti” repubblicani la prospettiva di un ribaltone alla Convention che si apre il 18 luglio. Ma oggi 29 giugno, secondo il sondaggio mensile della Quinnipiac University, Trump e’ a 40% contro il 42% di Hillary. Non solo, quindi, in parita’ statistica in quanto all’interno del margine di errore di 3 punti, ma con un risultato migliore della  stessa rilevazione di fine maggio, quando il distacco era di 4 punti, 45% a 41% a favore di Hillary. I due precedenti sondaggi nazionali avevano registrato 5 punti di vantaggio della Clinton, per NBC News-WSJ, e addirittura 12 per ABC News-Washington Post, portando la distanza a 6,2 punti nella media dei sondaggi RCP.  Ma Quinnipiac e’ davvero una boccata di ossigeno per le speranze repubblicane? Oppure e’ solo la prova che lo strumento del sondaggio e’ inaffidabile per cogliere gli umori della gente, vista la grande volatilita’ dei numeri anche quando le interviste sono fatte (quasi) contemporaneamente a diversi campioni di cittadini? Dire che i sondaggi sono “falsi” e’ tipico di chi esce male, e Donald Trump non si e’ sottratto al lamento quando ha commentato il distacco di 12 punti, da 51% a 39%, della rilevazione ABC-WashPost. La sua campagna lo ha definito “sporco”, perche’ tra gli interpellati del campione c’era il 10% in piu’ di registrati DEM rispetto ai Repubblicani. I sondaggisti per ABC/News hanno sicuramente esagerato nell’intervistare un campione cosi’ squilibrato, ma nella realta’ chi si autodefinisce oggi DEM, secondo il sondaggio di gennaio 2016 della Gallup, e’ il 29% degli americani, contro il 26% che si autodefinisce repubblicano, e il 40% indipendente. Quindi, e’ normale che ci siano piu’ intervistati  DEM, anche se e’ impossibile definire quale sia la proporzione idealmente corretta: soprattutto quest’anno, con Trump che ha fatto presa sulla fetta di democratici bianchi, maschi, operai e di classe media, alienandosi pero’ un certo  numero di conservatori rigorosi e di repubblicani ortodossi che respingono, rispettivamente, le sue aperture ai gay e il suo protezionismo economico. La mia opinione e’ che ogni sondaggio singolo vada preso con estrema diffidenza, mentre “potrebbe” essere piu’ affidabile il dato medio rilevato da Real Clear Politics (RCP). Uso il condizionale perche’ non e’ un mistero che c’e’ gente – ma quanta? - che non dice la verita’ nei sondaggi. Non a caso e’ nato il termine di “maggioranza silenziosa” per definire quella componente di elettori che preferisce non ammettere al sondaggista la propria simpatia per una parte politica che e’ vissuta come socialmente meno presentabile, perche’ e’ quella martellata dagli opinion leaders piu’ celebrati e dai media politicamente corretti. Gli esempi storici abbondano. C’erano meno elettori in Italia disposti a dire che votavano per la DC, ma poi vinceva. E lo stesso e’ gia’ successo in America, dove un episodio concreto di rovesciamento dai sondaggi alla realta’ delle urne e’ stato persino elevato a teoria tra gli studiosi di scienze politiche con il nome di “effetto Bradley”. Capito’ per le elezioni del governatore della California nel 1982, quando Tom Bradley, sindaco nero di Los Angeles, era in testa con buon vantaggio in tutti i sondaggi sul bianco George Deukmejian, che poi risulto’ vincitore. Un mese prima del voto Bill Roberts, manager della campagna di Deukmejian, aveva previsto che una percentuale di bianchi, piu’ alta di quella che appariva dai sondaggi, soprattutto tra gli indipendenti, avrebbe abbandonato Bradley a favore di Deukmejian. Roberts fu licenziato in tronco dal suo capo per la previsione politicamente sconveniente, ma poi il voto gli diede ragione. Nel tempo, almeno a proposito dei pregiudizi razziali contro i neri che crearono l’ “effetto Bradley”, le cose sono nettamente cambiate. Obama e’ stato eletto due volte e senza subire alcun effetto Bradley. La prima vinse contro McCain, che era davanti a lui nei sondaggi fino a due mesi prima del voto e fu poi travolto, in quanto repubblicano, dalla crisi finanziaria del 2008 attribuita a Bush. La seconda, nel 2012, quando era testa a testa con Romney nei sondaggi di un mese prima del voto, e poi vinse con un distacco addirittura piu’ ampio del previsto.  Oggi e’ Trump, crocifisso di tutte le fobie (razzista, anti donne, anti islamico….) dalla Hillary e dalla stampa mainstream, a sperare che tanti elettori abbiano vergogna di ammettere di essere suoi fans. E che quindi ci sia nei sondaggi una scorta di consensi nascosti, pronta a fare la grande sorpresa a novembre. Glauco Maggi   @glaucomaggi