Lettera ai giornali

Obama sbugiardato da 51 diplomatici UsaLa sua politica estera è un fallimento

Glauco Maggi

Schiaffo a Obama in politica estera, ed e’ arrivato dall’interno della sua stessa amministrazione: la più’ clamorosa contestazione di sempre delle mosse USA in Siria e’ venuta da 51 diplomatici americani che hanno firmato un documento fortemente critico e l'hanno diffuso: in esso, chiedono di bombardare basi e soldati del governo di Assad per rafforzare la posizione americana nelle trattative per un reale cessate il fuoco e per favorire il cambio di regime. L’esasperazione dei funzionari e’ scoppiata dopo le recenti accuse al presidente Bashar al Assad di violare sfacciatamente gli accordi di “cessate il fuoco” firmati un anno fa tra il suo governo e le forze di opposizione, pro occidentali, che controllano una fetta del territorio. Questi militanti sono anche attaccati dagli aerei di Mosca, entrata nel conflitto con l’ok di Washington per combattere contro l’ISIS, ma piu’ determinata ad annientare i ribelli anti Assad. Nel “memoriale di dissenso”, che e’ stato fatto arrivare ai principali giornali americani ed e’ riportato in prima pagina dal New York Times e dal Wall Street Journal, si legge che la politica americana in Siria e’ stata “sopraffatta” da una violenza inesorabile. I firmatari chiedono “un uso giudizioso dello stallo in essere e delle armi aeree che sosterrebbe e spingerebbe a un piu’ concreto e deciso processo diplomatico guidato dagli USA”. In parole povere, pensano che solo bombardamenti seri sulle postazioni di Assad possano indurlo a cedere al tavolo della diplomazia e a fermare la strage umanitaria. E’ un cambio radicale dell’indirizzo “non interventista” seguito fin qui dalla Casa Bianca, e nessuno si aspetta che Obama lo cambi di un centimetro quando manca un semestre al suo addio. L’uscita allo scoperto di cosi’ tanti diplomatici, per lo piu’ di medio-livello e molti dei quali di carriera, e’ comunque un enorme imbarazzo per il presidente. E un paradosso, perche’ Barack si e’ definito un campione dell’arte della trattativa pacifica e ora viene messo alla berlina dai professionisti della diplomazie. Concretamente, il tentativo dei firmatari e’ di orientare la politica di chi verra’ dopo, Hillary e Donald. Si sa che la Clinton in passato aveva avuto, sulla Siria e sulla Libia, posizioni da “falco” rispetto alla ‘colomba' Obama. Nei mesi della prossima campagna presidenziale, pero’, sara’ attentissima a non mostrare dissensi con Barack: ha bisogno di tutti i suoi fans, e sa che il presidente, tramite l’FBI e il ministero della giustizia, ha in mano la sua sorte giudiziaria per lo scandalo del server e delle email. Quanto a Trump, ha detto che sara’ durissimo contro l’ISIS ovunque, a differenza di Barack, ma anche che intende lavorare con la Russia in Siria, un approccio para-obamiano. Il Dipartimento di Stato aveva istituito dai tempi della guerra in Vietnam un “canale per il dissenso” in cui il personale puo’ far sapere al segretario di Stato, senza subire ritorsioni, le critiche alla conduzione della politica estera e militare, ma il suo uso e’ stato rarissimo, e mai con un numero altrettanto elevato. In 5 anni di guerra civile, che ha provocato oltre 400mila morti per lo piu’ tra gli oppositori del regime di Damasco, il presidente USA e’ passato dal “diktat” politico ad Assad (“se ne deve andare”) all’annuncio militare di raid aerei imminenti per punire il superamento della famigerata “linea rossa”, ossia l’uso di armi chimiche contro i civili, da parte del governo di Damasco. Il presidente non ha mai nemmeno seriamente appoggiato i dissidenti interni siriani, favorevoli all’America, respingendo la proposta di una “no fly zone” nel paese perorata dai repubblicani e anche dall’allora segretaria di Stato Hillary Clinton, e limitandosi a fornire consulenza e assistenza ai ribelli filo-americani. Il piano e’ stato un fiasco totale ed e’ stato abbandonato: 4 o 5 soldati siriani addestrati per un spesa di centinaia di milioni di dollari. Ai proclami in Siria, anche quelli bellicosi, il presidente non ha mai fatto seguire le azioni dirette americane che aveva minacciato, e il suo comportamento ha aperto le porte sia all’intervento russo sia al radicamento dell’ISIS. Putin, storico alleato di Damasco, e’ stato addirittura cooptato dalla Casa Bianca come “garante” dello smantellamento dell’arsenale di armi chimiche siriane quando Obama si era rimangiato l’intervento aereo diretto. Da li’, Mosca e’ scesa in campo per salvare Assad, e ci e’ riuscita alla grande. di Glauco Maggi