Partitini

Trump e quell'aiutino (inaspettato) da destra

Glauco Maggi

Se c’e’ un anno in cui i candidati dei partitini alternativi al GOP e ai DEM possono giocare un ruolo piu’ rilevante del solito e’ il 2016, ma la presenza contemporanea sulla scheda dei due simboli dei Verdi e dei Libertari potrebbe dare una mano a Trump, contrariamente a quello che verrebbe semplicisticamente da pensare a proposito della maggiore incidenza dei libertari come concorrenti “a destra”. Gia’ un sondaggio FOX di una decina di giorni fa aveva mostrato che, inserendo il partito libertario nel confronto tra Donald e Hillary, il repubblicano sarebbe primo con il 42%, davanti al 39% di Hillary e al 10% del “terzo incomodo” Gary Johnson. Ora, secondo il sondaggio della Quinnipiac University diffuso ieri, Hillary e’ davanti a Trump per 45 a 41 in un ipotetico faccia a faccia diretto, ma se si inseriscono nella sfida anche i due nominati dei Verdi (Jill Stein) e dei Libertari (Johnson, appunto) il distacco a favore della DEM si riduce a due punti, 40 a 38, perche’ il 5% sceglierebbe il libertario e il 3% la verde. Mai come nella campagna in corso i due frontrunners sicuri della nomination (Trump al 100%, Clinton al 99%) hanno avuto una visibilita’ negativa maggiore tra la gente, e cio’ crea un potenziale bacino piu’ largo di elettori disgustati e, teoricamente, piu’ attratti dalle alternative. Essendo il 2016 l’anno “pazzo” che e’, all’insegna della trasformazione radicale dell’anima delle due principali formazioni, anche la collocazione degli outsiders non e’ pero’ quella “convenzionale”, ossia con i libertari che “erodono” solo a destra e i verdi solo a sinistra. Il rimescolamento delle posizioni politiche dei leader ha demolito le tradizionali “ortodossie”. Da una parte i verdi ambientalisti, i difensori dei consumatori e i sindacati piu’ rossi e protezionisti sono sempre stati alla sinistra dei DEM, una sorta di versione piu’ radicale dell’essere liberal. Come Ralph Nader, che nel 2000, con la sua pur minima fetta di voti, fece perdere la Florida ad Al Gore e diede la Casa Bianca a Bush, ultimo caso di tangibile incidenza di una forza esterna minoritaria sulle fortune di un candidato maggiore. Oggi Sanders intercetta interamente quelle posizioni estremiste con il suo messaggio, e poiche’ e’ destinato a soccombere alla Hillary sta creando un esercito di frustrati, di NeverClinton, che possono essere davvero tentati dall’alternativa. E non c’e’ solo quella ambientalista di Stein, a sinistra. Anche Trump, con la sua difesa protezionistica dei lavoratori bianchi minacciati dalle delocalizzazioni, sta facendo breccia nelle Union, i cui vertici sono per tradizione filo DEM, e quest’anno divisi tra Clinton e Sanders. Tra gli iscritti di base, invece, soffia il vento del trumpismo, tanto che l’ultimo sondaggio vede Donald e Hillary alla pari con il 44%. Sul versante del partito repubblicano, le minacce all’unita’ sotto le insegne di Trump vengono al momento, in teoria e nei sogni dei DEM, sia dall’interno del GOP sia dai libertari. Ma la prima “minaccia” e’ patetica e surreale: Mitt Romney (moderato) e Bill Kristol (rigoroso neoconservatore), pur lontanissimi tra loro per ideologia e posizioni politiche, hanno cercato per mesi di soffiare sul fuoco della Convention contestata sperando in Cruz, e nelle ultime settimane si sono ridotti a vagliare candidature di sconosciuti. Ma le scadenze per depositare le candidature stanno passando (per il Texas non c’e’ piu’ tempo, e in altri stati andrebbero raccolte decine di migliaia di firme in poche settimane) e il personaggio che si immoli al sacrificio non c’e’. L’unico nome realistico sarebbe lo stesso Romney, che se ne guarda bene. Passare alla storia per aver accoltellato alle spalle il candidato del GOP vincitore con il record di voti le primarie non e’ una bella prospettiva. Lui, insomma, vorrebbe far perdere Donald ma non mettendoci la faccia. La pietra tombale sul partito Never Trump e sul “candidato indipendente” l’ha messa oggi Paul Ryan, attuale Speaker della Camera, che era il suo vicepresidente nel 2012. In un editoriale di endorsement (appoggio ufficiale) a Trump sul giornale della sua citta’, la Janesville Gazette, Ryan ha scritto che “la realta’ e’ che sulle questioni importanti del nostro programma abbiamo piu’ punti in comune che di disaccordo”. Dall’esterno, potrebbero essere i libertari a sparigliare i giochi. Ma non e’ detto che cio’ avvenga contro Trump, anzi. Johnson, infatti, ha detto di avere scoperto di essere d’accordo con Sanders sul 73% delle questioni, e anche se lui, ex governatore del New Mexico, viene dalle file del GOP, e’ proprio tra i DEM che spera di pescare. Come cominciano a mostrare i sondaggi. di Glauco Maggi @glaucomaggi