Diari d'America
Donald Trump, un candidato mille accuse: chi è veramente?
Ma allora, chi e’ davvero Donald Trump? Un bigotto che ce l’ha con gli islamici per avere detto che vorrebbe “temporaneamente tenere fuori i musulmani non americani finche’ non capiamo che cosa succede alla nostra sicurezza”? Lo fece in risposta al fiasco dei servizi di immigrazione di Obama che avevano dato la carta verde alla militante dell’ISIS pakistana, quella che ha sposato e indottrinato un californiano islamico per compiere la strage di San Bernardino. Oppure e’ uno xenofobo che vuole costruire il muro, e farlo pagare al Messico, “perche’ il governo messicano ci manda stupratori e trafficanti di droga”, e “un Paese non e’ un Paese se non ha confini protetti” ? Con queste critiche, e’ evidente che lo sforzo degli oppositori di Trump e’ di ritagliare per lui l’immagine di un personaggio umanamente becero. C’e’ chi lo ha accusato perfino di essere come il Duce, o come Hitler, anche se sono etichette tanto risibili che perfino l’insospettabile Gianni Riotta ha spiegato su un giornale americano che non e’ vero niente, che chi lo sostiene non sa, o fa finta di non sapere, chi sia stato Mussolini e chi sia Trump. Tutti questi attacchi sono insomma la scorciatoia, prediletta dai Democratici, per arrivare a bollare il Donald come “impresentabile”. Se uno e’ “impresentabile’, si sa, non dovrebbe nemmeno correre. E se uno e’ un fascista e un macho-sessista (non dimentichiamo che aveva litigato con la conduttrice televisiva Megyn Kelly di Fox, dandole della giornalista sopravvalutata e acrimoniosa alludendo alle sue mestruazioni, prima di fare la pace con lei e concordare una intervista esclusiva per maggio), sara’ di sicuro omofobico e antigay, vero? E invece no. Il castello della demolizione caratteriale preventiva si ritrova senza il suo pilastro fondamentale. Donald e’ piu’ aperto verso gli omosessuali di quanto non lo fosse Bill Clinton negli anni Novanta, quando da presidente firmo’ la legge “non dire e non chiedere” a proposito dei gay che volevano entrare nell’esercito e per farlo potevano nascondere la loro ‘identita’ sessuale’, mentre agli ufficiali reclutatori era imposto di non informarsi. Non lo dice lui, Trump, che non e’ omofobico. E’ la sua vita a parlare per lui e a farne il candidato repubblicano piu’ pro-omosessuali della storia. Ecco le prove. Nel libro sulla vita sociale di Palm Beach, “Madness Under the Royal Palms”, l’autore Laurence Leamer ha scritto, a fine Anni Ottanta, che Trump era accreditato come il primo proprietario di un club privato golfistico ad ospitare una coppia gay. Quando apri’ in Florida il famoso Mar-a-Lago agli omosessuali, lo fece anche per sdegno contro le discriminazioni in atto negli altri club verso gli ebrei e gli afro-americani. “E’ una delle cose migliori che ha fatto nella sua vita. Ha realmente cambiato la natura di Palm Beach”, ricorda Laurence. Rand Hoch, attivista gay che aveva fondato nel 1988 il Consiglio dei Diritti Umani della Contea di Palm Beach ha ricordato di aver portato suoi partner gay nel Club di Trump in varie occasioni. A Trump piaceva fare l’intrattenitore cortese all’arrivo degli ospiti e “ci trattava come tutte le altre coppie”, dice Hoch. Abe Wallach, executive alla Trump Organization negli Anni 90, ricorda quale fosse l’atteggiamento del suo boss: “Il suo principio era: sei in gamba a fare il lavoro per il quale ti ho assunto? Se si’, niente altro contava”. Wallach e il suo partner gay volavano con Donald nel suo jet privato nei fine settimana ad Atlantic City o in Florida. “Lo trovavo sempre molto amichevole anche verso il mio compagno”, dice ancora oggi di quelle giornate nei suoi casino’. La Fondazione di Trump e’ sempre stata generosa verso cause care ai gay, dando contributi fin dagli Anni ‘80 all’AIDS Service Center e alla Elton Jones AIDS Foundation. Nel 1987, Donald diede 25mila dollari (di allora) alla Gay Men’s Health Crisis, una parte dei profitti generati dal circuito di pattinaggio Memorial Rink in Central Park che lui stesso aveva ristrutturato. Nel 1992, nel suo casino’ Taj Mahal Trump ospito’ un evento che raccolse 60mila dollari per la ricerca sull’Aids. A proposito di Elton Jones, va aggiunto che Trump non diede solo soldi per la fondazione anti AIDS, ma che e’ anche suo amico stretto. Quando il cantante inglese, nel 2005, celebro’ le nozze civili con il partner di una vita David Furnish, Donald, che li conosceva da anni, scrisse sul proprio blog queste parole di soddisfazione ed eccitazione: “Io li conosco entrambi, e vanno d’accordo meravigliosamente. E’ un matrimonio che e’ destinato a funzionare. Sono molto felice per loro. Se due persone si piacciono si piacciono”. “Sara’ il nominato presidente piu’ amico dei gay della storia”, conclude Gregory Angelo, presidente della Log Cabin Republicans, un gruppo di sostegno dei diritti dei gay affiliato al GOP. Resta da dire che tutte queste notizie sono prese da una fonte insospettabile, il New York Times, che oggi 23 aprile vi ha dedicato un articolo in prima pagina. Il giornale liberal, dipingendo la realta’ di un Donald Trump genuinamente pro-gay da una vita, fa due cose. Un oggettivo favore a Ted Cruz e ai suoi fans conservatori, evangelici e anti gay, che prima delle prossime primarie avranno cartucce da sparare contro di lui: sperano, insomma, che il moribondo “partito anti-Trump” riesca a fermarne la marcia alla nomination. Ma fa anche un grosso favore strategico a Trump, se sara’ lui il nominato. Per Hillary e per tutti i democratici sara’ impossibile attaccarlo come omofobo perche’ lui non lo e’ proprio. Ma se Trump non e’ omofobo, e’ anche molto piu’ dura farlo passare per becero, sessista, razzista, xenofobo…. Perche’ si sa che il ritornello delle calunnie personali “politicamente corrette” sta in piedi solo se e’ recitato tutto d’un fiato, in un tutt’uno. Suona malissimo dire “e’ vero che Trump ama i gay e gli ebrei – sua figlia ne ha sposato uno e si e’ convertita all’ebraismo – ma odia le donne e gli ispanici”. Provateci, proprio non regge. Glauco Maggi