Primarie repubblicane
Il pezzo di establishment che piace a Donald Trump: il mezzo italiano Chris Christie vale oro
Per l' "endorsement" calza a pennello la fiaba di Esopo "la volpe e l'uva". L'endorsement e' il sostegno ufficializzato da parte di personalita' di fama, e se un candidato non riesce ad averne dice che non sono importanti. Quando arrivano, pero', sono accolti con entusiasmo perche' possono fare un sacco di bene. Prendiamo Donald Trump, che dalla roccaforte dell'antipolitica da cui ha condotto la campagna presidenziale ha ridicolizzato per mesi l'idea di reclutare alleati nell' "establishment", termine dispregiativo per "classe politica" nell'era post Tea Party. Ieri pero', affiancato da Chris Christie sul palco del comizio di Forth Worth, in Texas, Trump non stava nella pelle dalla soddisfazione. E ne aveva ben donde. Christie e' stato, fino alle primarie del New Hampshire del 9 febbraio, un nome di peso del lotto di aspiranti repubblicani. Non solo perche' e' un governatore al secondo mandato in uno Stato importante - e liberal - come il New Jersey: e se un candidato alla Casa Bianca del GOP riesce a farcela in quello Stato, ha (quasi sicuramente) vinto la presidenza. E non tanto perche' Christie (che e' italo-americano per parte di madre) e' stato fino a pochissimo tempo fa il chairman della Associazione dei Governatori Repubblicani: quindi ha un portafoglio di rapporti politici e personali con molti colleghi governatori, e cio' puo' aprire varie porte a Donald negli Stati del Sud e del West. Piuttosto, e' la caratteristica da moderato e centrista, ma con credenziali conservative riconosciute, a fare di Chris, per Trump, il cavallo di Troia nel campo avverso del disprezzato establishment. L'endorsement di Christie ha di fatto sdoganato "Donald l'impresentabile", sul cui carro vedremo salire nei prossimi giorni altri personaggi insospettabili. Il governatore repubblicano del Maine Paul LePage lo ha fatto nelle ore successive all'annuncio choc, e l'ex candidato presidenziale ed ex Speaker della Camera Newt Gingrich ha twittato : "Questo endorsement di Trump da parte di Chris Christie e' un segnale reale all'establishment del GOP che sara' meglio che cominci a pensare a Trump come al futuro". La prova che il colpaccio di Donald ha spiazzato tanti nel GOP, ma soprattutto ha fatto male alla sinistra, e' nella reazione del New York Times, che ha scritto un editoriale che trasuda livore contro Christie, "mosso da due demoni: la sua ambizione politica nazionale e la voglia di vendetta". Ma e' risibile che il New York Times faccia lo scandalizzato davanti ad un "normale" affare politico, ossia l'aspettativa che Christie ha di ottenere un posto da vicepresidente, o magari da ministro della Giustizia (e' stato un procuratore federale per anni) in cambio del ruolo da alleato che svolgera' da oggi per fargli conquistare la nomination contro Rubio & Cruz, e poi la Casa Bianca contro Hillary. A proposito della quale, come non ricordare che la lotta con Obama nel 2008 fu sanguinosa al pari di quella che divide ora Trump e gli altri suoi colleghi aspiranti al posto? E che poi l'intero clan Clinton, armi e bagagli, aiuto' Barack a vincere nel 2008, e a rivincere nel 2012, ieri in cambio della Segreteria di Stato, oggi della "protezione" contro l'indagine dell'FBI nello scandalo delle email e del server? La battaglia politica si fa senza i guanti, e la vittoria e' un premio alle qualita' del leader, e alla somma di episodi che gli sorridono. Quando il nero Colin Powell, ex segretario di Stato di George Bush, nel 2008 diede l'endorsement a Obama fu un fatto clamoroso, che ebbe un peso serio nell'accreditare il primo afro-americano anche presso il pubblico dei repubblicani, degli indipendenti e dei moderati. Adesso Christie ha dato una spallata al muro dell'isolamento contro Trump che la dirigenza del GOP spera (o sperava, a questo punto) di erigere per non fargli tagliare il traguardo. Incapace di esprimere una sola voce credibile (Rubio-Cruz-Kasich stanno ballando sul Titanic), portatrice di una linea di valori fedelmente conservativi, il Grand Old Party e' sull'orlo di un crisi di identita'. Trump sta riscrivendone lo spartito, inserendo temi non ortodossi per la destra e in diretta concorrenza con Sanders-Clinton: per esempio, l'opposizione ai trattati internazionali di libero scambio a difesa degli operai americani licenziati e un approccio compassionevole verso i malati e i poveri "da non far morire nelle strade", in riferimento alla sanita' e al welfare. Le primarie dei repubblicani gli hanno finora dato ragione sul piano dei consensi popolari ed ora, uomo solo al comando, sta iniziando a raccogliere le iscrizioni per i posti di manager della sua nuova squadra. Glauco Maggi