Il caso delle mail secretate

Il NY Times si schiera con Hillary Clinton e lei finisce sotto inchiesta

Glauco Maggi

“Il Dipartimento di Stato venerdi’ ha detto per la prima volta che materiale ‘top secret’ e’ stato mandato attraverso il server privato del computer di Hillary Clinton, e che non avrebbe reso pubbliche 22 delle sue emails perche’ contengono informazioni altamente classificate“. Sono 22 emails tanto piene di dati riservati – nomi di spie e di agenti doppi, e di programmi coperti, per esempio – da non poter proprio essere date al pubblico. Mai. Nemmeno con le righe annerite dalla censura. Non solo: il Dipartimento ha anche per la prima volta annunciato di aver avviato una propria inchiesta sulla natura delle emails “secretate” per capire se avessero informazioni classificate quando sono entrate e uscite dal server privato di Hillary. Non sicuro, quindi alla merce’ degli hacker cinesi e russi. Come si sa, vari Ispettori Generali dei ministeri interessati, che sono figure indipendenti, e l’FBI, che investigano possibili crimini commessi nel maneggio delle lettere e del server, sono gia’ in corso da circa un anno. Ma questa di John Kerry, e di Obama, che prendono in mano direttamente la faccenda, e’ una notizia che pesa: una vera breaking news (a darla per prima e’ stata Fox Tv). Che le parole nel virgolettato che abbiamo riportato sopra, scarno ma corretto nella sostanza, siano poi apparse, sabato mattina, sul New York Times (come su tutta la maggiore stampa nazionale e internazionale) e’ la conferma che l’ “affare legale” contro Hillary si sta davvero ingrossando. Ma che siano state messe, nel Times, a pagina 15, senza richiamo in prima (come hanno fatto il Wall Street Journal e in New York Post, tra gli altri) e’ la prova che al giornalone liberal per eccellenza stanno serrando i ranghi. E nella stessa mattinata di sabato si e’ capito perche’ in redazione abbiano nascosto la notizia devastante sulla Clinton. Perche’ avevano in programma di pubblicare online, alle 10 del mattino, il pubblico endorsement di Hillary per la corsa a presidente degli Stati Uniti. Mancano poche ore al caucus dello Iowa, e Hillary rischia di perdere: gli amici si vedono nel momento del bisogno. Non sarebbe stato bellissimo dar conto, sulla prima pagina del quotidiano, di quanto inguaiata sia la loro candidata preferita, e poi, con il giornale in edicola, dire al mondo che quella stessa donna politica inguaiata merita di essere la presidente. Nell’editoriale, la direzione ricorda che il Times ha sostenuto la Clinton nelle sue due campagne di senatrice nello Stato di New York, e poi anche nelle primarie del 2008, quando pero’ il Times non le porto’ fortuna, visto che poi vinse Obama. Hillary, forse, farebbe bene “a toccare ferro” (anzi legno, come usano dire in America). Dopo che lo scandalo della Global Foundation e la faccenda del server privato avevano trovato larga e visibile ospitalita’ l’anno scorso, quando il Times tifava perche’ la sinistra senatrice Elizabeth Warren entrasse in gara contro Hillary, adesso non e’ piu’ il tempo di scherzare. I Democratici di senno sono davanti al bivio tra lei e il socialista Bernie Sanders, e siccome giudicano il vecchio arnese rosso ineleggibile a novembre (anche se a loro piacerebbe un sacco, e comunque piu’ di qualsiasi repubblicano), fanno quadrato, come in un western, attorno alla carovana sgangherata dell’ex segretario di Stato. Finora le frecce sul convoglio in marcia per la Casa Bianca piovevano dagli archi degli investigatori dell’FBI e dei candidati del GOP, e dalla maggioranza degli americani (60%) che nei sondaggi giudicano impietosamente la Clinton bugiarda, non degna di fiducia. Ma adesso e’ lo stesso governo Obama, attraverso il ministero che e’ stato in mano a Hillary fino al 2013, a sparare sulle sue speranze. Ormai e’ chiaro che, se alla fine arrivera’ comunque al traguardo delle urne, anziche’ correre come “primo candidato donna” la Clinton avra’ le etichette meno lusinghiere di “primo candidato sotto inchiesta dell’FBI” , se non addirittura di “primo candidato incriminato”. di Glauco Maggi  twitter @glaucomaggi