Le presidenziali Usa
Il razzismo di Obama verso i bianchiEcco il video che lo inchioda
Il video che può turbare Obama nell’ultimo mese prima del voto è stato girato nel 2007, ed è su un evento a cui erano presenti anche diversi giornalisti. Che non sia uscito prima fa parte del contesto dei “media adoranti” di Barack, come li ha recentemente definiti John McCain per spiegare l’incapacità del presidente a discutere con un avversario e la brutta figura fatta con Romney. L’appuntamento ripreso era un rally preelettorale dell’allora senatore democratico, che era già in campagna elettorale e che cercava consenso e simpatie, a partire dalla sua base naturale, gli afro-americani. Alla Hampton University della Virginia, nel giugno del 2007, davanti ad una audience tutta di colore, Obama sfoderò tutto il suo sincero “razzismo” contro i bianchi, accusando il governo federale (allora c’era George Bush) di agire volutamente discriminando i neri. “La gente laggiù a New Orleans… a loro (il governo NDR) non interessa tanto quella gente. Non come quelli sopravvissuti all’attacco dell’11 settembre, o le vittime dell’uragano Andrews, che ricevettero generosi aiuti.. E la ragione? A differenza dei residenti della New Orleans che sono a maggioranza neri, il governo federale considera quelle altre vittime come parte della famiglia americana”. Sono 40 minuti di immagini di un Barack arrabbiato (vedere il video sul sito conservatore del The Daily Caller, che ne ha ottenuto una copia qualche giorno fa : http://dailycaller.com/2012/10/02/obama-speech-jeremiah-wright-new-orleans/#ixzz28EiZY9CO ) e che usa lo slang dei ghetti, non il tono cool e suadente delle interviste che fa oggi in TV. Dopo di allora, Obama era stato meticoloso e rigoroso nel costruirsi un’altra faccia e un altro tono, ma questo “cadavere” nell’archivio, se fosse stato svelato nel corso delle primarie del 2008, l’avrebbe sicuramente danneggiato irreparabilmente. Ma l’omertà prevalse, ed anche quando venne a galla il fatto innegabile della sua frequentazione e della sua amicizia con il radicale, antibianco ed antiamericano Jeremiah Wright, che era stato il suo pastore di Chicago per venti anni, la stampa mise una sordina sostanziale sul sodalizio. E accettò, come fosse vero, il ripudio formale che Obama alla fine fu costretto a fare pubblicamente degli anni passati a bersi i sermoni del reverendo, quello che aveva battezzato le sue due figlie e celebrato le nozze con Michelle. In un discorso sulle razze che i “media adoranti” promossero subito a “storico” perché decantava l’eguaglianza delle razze e il superamento di ogni divisione per andare verso un’America senza bianchi i senza neri, Barack riuscì così a rifarsi quella verginità indispensabile per non apparire un Jesse Jackson, o un Al Sharpton. E tantomeno un Jeremiah Wright. Ma proprio gli ultimi due, Jeremiah e Al, si trovavano tra il pubblico e applaudivano calorosamente agli spunti più sguaiati di Barack. Nei quali, ovviamente, riconoscevano la loro stessa storia di “segregati” in lotta perenne contro il “nemico bianco”. Se il video fosse stato trasmesso al tempo del discorso “anti-razzista” in cui trattò male Wright e lo cancellò dalla sua vita, come avrebbe potuto Obama giustificare le seguenti parole di lodi nei confronti del reverendo, declamate soltanto qualche mese prima? Eccole: “Jeremiah Wright è il mio pastore, quello in cui mi confido, che mi dà consigli, che ascolta mia moglie quando si lamenta di me. E’ un amico e un grande leader. E non solo a Chicago, ma in tutto il paese”. Allora non le sentì nessuno queste parole rivelatrici, perché anche nelle “trascrizioni” dei reporter presenti (uno era Andrew Sullivan) non trovarono spazio. Così l’America non conobbe davvero il vero Obama, ma una sua controfigura adattata alla bisogna della correttezza politica. Ora è tardi per scoprirlo. Oppure no?