Complimenti per la trasmissione

E Raitre arrivò ai suoi primi quarant'anni...

Francesco Specchia

Quando, dopo un anno di sperimentazioni, alle 18.30 del 15 dicembre del 1979, si accende per la prima volta, Raitre viene marchiata da implacabile lottizzazione: spettava ai comunisti -che allora esistevano ancora- perché Raiuno se l’era presa la Dc e Raidue si identificava nel fortino dei socialisti. Raitre era la rete più sfigata. Senza budget, affidata ad una minoranza che aveva il complesso della cultura nazionalpopolare, all’inizio poteva contare solo sull’autorevolezza del direttore del Tg Sandrone Curzi.  Allora facevo le elementari. La tv era in bianco e nero; ma, nei miei ricordi, vedevo sempre Raitre come un contenitore noiosissimo fatto di volti tristi color seppia. Finchè, nell’87, non arrivò Angelo Guglielmi. Critico letterario, membro del manipolo di eversori del Gruppo 63, Guglielmi era fissato col neorealismo che trasformò ben presto nella “tv del reale”. L’altra sera ho rivisto la sua bella faccia gramsciana a La Grande Storia, proprio nella puntata Buon compleanno Raitre! dedicata al 40° della sua creatura. E lì mi sono passati sotto il naso pezzi di gioventù: Chi l'ha visto? con la Raffai, Telefono Giallo con Augias (che lanciò Franca Leosini), La tv delle ragazze con la Dandini. E cult come Samarcanda con Santoro e Profondo nord di Lerner. E tutti i personaggi che fecero cambiare passo alla mesta tv di Stato: il postino Chiambretti, i Guzzanti, Baricco che passava da Pickwick a Hegel e le mucche del Wisconsin.  C’era Biscardi col suo Processo e Luttazzi; e il Report della Gabanelli e Magazine 3 con De Fornari e Gloria De Antoni, la Audrey Hepburn del giornalismo culturale. C’era una frase che anche molti di noi, liberali e di destra, pronunciavamo per darci un tono: “Vediamo cosa fanno su Raitre..”. Perché Raitre era una palestra di sperimentazioni: stava alla tv italiana come il Greenwich Village all’arte contemporanea della New York anni 70; e Guglielmi -che rividi nel cda di Telelombardia- era una sorta di Andy Warhol in mezzo a una factory di artisti  mattoidi. Certo, c’erano anche lottizzazioni giornalistiche e consociativismo. Ma c’erano anche i dibattiti internazionali, i diritti civili, la cultura pop; e, ad onor del vero la sua matrice sperimentale -da Agorà a molti dei programmi dell’attuale direttore Stefano Coletta- è rimasta la stessa. Raitre è la rete che tuttora si staglia sul mercato nel suo incredibile rapporto qualità/prezzo. Ho sempre il timore che qualche politico se ne accorga…