Complimenti per la trasmissione
Kudos, il web già visto (ma molto divertente)
«Per me gli zombie sono meglio dei vampiri, perchè sono più giovani nei miti apotropaici. Ma la mia è un’opinione che nasce da un analisi computazionale...». Solo un’opinione, sticavoli. Cavoli apotropoaici, ovvio. Mentre l’esperto di Big Data Davide Bennato avvolge nel faticoso lessico dei sociologi la sua passionaccia adolescenziale per i morti viventi (io preferisco i vampiri), la collega Diletta Parlangeli, deus ex machina di Kudos (Rai 4, giovedi, ore 23.15) trattiene il fiato. Attraversa la telecamera con uno sguardo atterrito dall’imbarazzo. Ma dura un attimo. Una volta chiarito che gli zombie rappresentano la «paura dell’omologazione intellettuale» -cioè Il timore di diventare tutti dei cretini- , Diletta passa all’argomento successivo , la social reputation e il cyberbullismo. E il suddetto programma, che parte dal web per infilarsi nei gangli di attualità, cinema e tv, prende effettivamente il volo. Intediamoci Kudos (dal greco antico, «ben fatto», più o meno) non è un format epocale. Anzi. Trattasi di un programmino under 30, con una scenografia francescana: due tavoli, tre pc e quattro influencers, più il mago degli affetti speciali Sergio Stivaletti che si diverte a truccare da cadavere uno che passava di lì per caso. Kudos non è neanche una novità per i temi trattati. Temi che sono ritriti: dal deep web alle nuove app come la terrificante Musical.Ly, un karaoke per giovani esibizionisti; dalle rubriche gossippare ai tutorial satirici (quello che ho visto è su come costruire il fidget spinner, la maledetta trottolina antistress per cui, a volte, ripenso alla strage degli innocenti). No, Kudos è il prodotto di un’arte povera senza le rifiniture. Eppure è condotto da ragazzi spigliati e piacevoli col sorrico in tasca: Giulia Arena e Leonardo Decarli affiancati a Diletta, un punto di riferimento del giornalismo tecnologico. E tratta qualsiasi argomento con una piacevole levità. Per esempio, nella puntata sull’horror che rischiava di essere soltanto un atto nostalgico per nerd, le interviste sulle violenze on line o sulle sfumatore del terrore cinematografico erano divertite e dense di notizie. E, per esempio, induceva allegria l’angolino lessicale che imbuca nell’italiano i nuovi lemmi rubati alla Rete. Non avrei mai pensato che termini come «blessare», «shippare» o «Lol» potessero trovare spazio nella tv di Stato. Bruttino e telefonato lo spazio comico di tale Martina Dell’Ombra che mescolava incomprensibilmente la ciccia di Rihanna ai padri costituenti. Ma per riempire -bene, in fondo- un’ora e passa di attualità inutile e filante, ci sta anche questo...