Intrecci presidenziali
Così Obama cerca di proteggere Hillary Clinton (dall'Fbi...)
A destra, tra i repubblicani, c’e’ rassegnazione: Hillary Clinton, con quel po po’ di scandalo delle email che ormai nemmeno piu’ il New York Times e il Washington Post cercano di sminuire, non sentira’ l’FBI bussare alla porta della sua villa di Chappaqua nel cui cantinato aveva ospitato il famoso server privato. Lo scrive Peggy Noonan sul WSJ, portavoce di un sentiment diffuso. Il governo Obama, ossia il ministero della Giustizia che deve approvare le incriminazioni proposte dall’FBI a conclusione delle loro indagini, nel caso della inchiesta sul comportamento della ex segretaria di stato si sa che cosa fara’: neghera’ che si proceda contro di lei, perche’ e’ la candidata destinata ad avere la nomination Democratica. Hillary, ed e’ cio’ che importa di piu’ al presidente, e’ il soggetto politico con piu’ chance di garantire un terzo mandato democratico sbarrando la strada al GOP. La vera prova del successo di un presidente che e’ riuscito a stare 8 anni alla Casa Bianca e’ di vedere eletto dopo di se’ uno, o una, del proprio stesso partito. Ma non e’ facile. La nazione USA ha un innato anelito al ricambio, che e’ il lievito delle democrazie, e infatti il “triplete” e’ riuscito nell’intero dopoguerra soltanto a Ronald Reagan che convinse gli americani a eleggere il suo stesso vicepresidente, George Bush il Vecchio. Non ce l’hanno fatta Bill Clinton e George Bush il Giovane. Obama vorrebbe tanto imitare Reagan, e non puo’ oggi che affidarsi alla Clinton, che e’ stata la sua segretaria di Stato ed e’ a un passo dal traguardo dei delegati. Chissa’, Barack magari e’ pentito di aver snobbato le aspirazioni del frustrato suo fedele vice di due mandati, Joe Biden; ma, come tantissimi nel suo partito e nel paese, si era convinto due anni fa che Hillary era “ineluttabile”, che aveva la carta di essere “la prima donna”, che aveva alle spalle una famiglia che era una macchina di potere. E che se lui, Obama, le avesse tirato la volata non c’era partita. Ora, piu’ che tirarle la volata lunga fino a novembre, Obama deve impedire a James Comey, il direttore dell’FBI, di espellerla dalla gara. L’indagine dell’agenzia investigativa federale sui fatti e misfatti della Clinton sarebbe agli sgoccioli, ma e’ intanto arrivato al Congresso il rapporto dell’Ispettore Generale del Dipartimento di Stato, Steve Linik, che era stato nominato da Obama ma che ha un ruolo indipendente di controllo sulle attivita’ del ministero e dei suoi membri, a partire dalla Segretaria di Stato stessa. I contenuti sono devastanti per Hillary: le sue dichiarazioni del passato sono state tutte smentite nettamente, a partire dalla madre di tutte le bugie, “avevo il permesso di fare il server privato”. Non e’ vero, e se avesse chiesto il permesso le sarebbe stato negato. Adesso tocca a Comey fare il suo lavoro da “investigatore indipendente”, come deve essere l’FBI che non puo’ avere riguardi per nessuno. Ma se anche le sue conclusioni fossero contro la Clinton, l’FBI non potrebbe agire da se’: dovrebbe proporre la incriminazione a Loretta Lynch, la ministra della Giustizia. E questo e’ il passaggio insuperabile. La Lynch e’ parte del governo, e Obama ha l’ultima parola, e la usera’ per salvare la Hillary. Fin qui, e’ difficile immaginarsi uno scenario diverso dalla “assoluzione” giudiziaria e quindi dalla realta’ di una sfida Clinton-Trump . Partita chiusa, dunque? Niente affatto. E a riaprirla non e’ Sanders ma sono i fans che lui ha sovraeccitato vincendo oltre 20 primarie e che non ci stanno a subire lo scandalo. “HILLARY 2016 FOR PRISON” e’ il cartellone esposto a San Pedro, in California, ad un rally di Bernie, che e’ apparso in una grande fotografia sul New York Times, a corredo dell’articolo “Molti supporters di Sanders vedono l’inchiesta sulle email come la risposta alle loro preghiere”. “Se Bernie avesse 12 agenti FBI che indagano su di lui come stanno indagando su Hillary”, ha detto al giornale Robert Jost, un fan di Sanders, “l’intero establishment, l’intero mondo dei media mainstream starebbe ripetendo ogni giorno che dovrebbe abbandonare la corsa”. “La Clinton dovrebbe essere rimossa”, ha fatto eco Julie Crowell, altra militante per Bernie presente al rally. Jennifer Peters spera “che l’FBI mandi un messaggio forte a gente come lei… Hillary pensa che puo’ fare quello he vuole con assoluta impunita’ e che e’ in qualche modo al di sopra di ogni tipo di ripercussione”. Se il popolo che segue il senatore socialista, quasi la meta’ dei DEM alle primarie, e’ disgustato della piega che sta prendendo il caso delle email di Hillary, la domanda che sorge spontanea e’: perche’ lo stesso Sanders non usa lo stesso argomento nei suoi comizi per darle la spallata finale? Parla dei soldi presi dalla Goldman Sachs, del voto a favore della guerra in Iraq, di Obamacare da dare gratis a tutti, ma fa scena muta su uno scandalo di natura etica grande come il Vermont. Si cuce la bocca, censurandosi, perche’ sa che cosa succederebbe se la Clinton dovesse cadere per mano dell’FBI e del ministero della Giustizia. Cioe’ con la regia di Obama stesso, se fosse costretto a dare il colpo di grazia a Hillary per manifesta indifendibilita’. Cio’ sarebbe il segno che il vertice dei DEM, presidente in testa, non solo ha dato per persa la “carta Hillary”, ma anche che ha gia’ deciso con chi sostituirla. E non sarebbe il socialista, nella cui vittoria i DEM non credono, ma il panchinaro di lusso, Joe Biden, richiamato in servizio in extremis. Obama e l’establishment dei DEM non accetteranno insomma in nessun caso Bernie come candidato anti GOP, e il primo a saperlo a Sanders. Il quale preferisce “salvare” Hillary e fare il profeta del socialismo che colora di rosso la piattaforma del Congresso DEM a Filadelfia. Per Bernie una Clinton debolissima, e ricattabile, e’ meglio di un Biden che avrebbe la funzione di ripristinare una immagine di partito piu’ tradizionale, piu’ moderatamente di sinistra, piu’ credibile. E meno “rivoluzionaria”. di Glauco Maggi