Lo strano uso del "Potere" di Lucia Annunziata
Premettiamo. La par condicio, strutturalmente, è un’oscenità; e ha ragione Lucia Annunziata ad invocare tutti gli dei della tv affinchè venga spazzata via. Premettiamo pure che l’Annunziata è ottima professionista, ruvido watchdog della notizia che morde senza abbaiare. Ciò detto, vista la prima puntata delle sei di “Potere” la sua nuova trasmissione in terza serata su Raitre (1 milione 213 mila spettatori e share del 5.84), sembra che l’attacco frontale al berlusconismo per Lucia sia diventata un’ossessione autorale. “Potere”, tecnicamente, non toglie nè aggiunge nulla al contesto. É un talk con buona regia sui campi lunghi, un tema musicale di simpatiche marcette, scenografia che prevede una scacchiera con enorme regina rossa (l’Annunziata stessa, quasi un rimando ferudiano), testi che attingono all’attualità partendo da una parola chiave legata al potere. L’altra sera era “la ricchezza”. E la -riconosciuta- tesi d’apertura della conduttrice si sgrana attraverso un rosario di affermazioni confortate da dati e istogrammi che mostrano il Pil del Berlusca rispetto a quello degli italiani, da interviste a deputati “comparti dal Pdl”, da interviste a direttori dell’Istat che affermano che “in Italia il 10% della popolazione detiene il 45% della ricchezza complessiva” (grazie, eh). Ed è, in fondo, per tale sperequazione, oltre che per la diffusione capillare dei conflitti d’interesse che l’Italia crolla e va ad escort. Il che porta a considerate che: essendo i più ricchi anche i più potenti, ed essendo Berlusconi ricco e potentissimo, ed essendo lo stesso Silvio un conflitto d’interesse ambulante ; bè, pare lapalissiano che «la ricchezza di Berlusconi ha deformato la politica italiana». La qual affermazione può assumere varie connotazioni. Secondo Sergio Rizzo e Gianantonio Stella, primi due ospiti in studio a presentare il loro film “Silvio Forever” e già autori di best seller di denuncia sul conflitto d’interesse, la connotazione è una sola. Certo, magari i due accennano al fatto che «in Italia il conflitto d’interessi in Italia è trasversale...»; ma l’Annunziata, niente, prosegue dritta nel teorema ricchezza-potere- berlusconismo. Dopodichè, solo in coda, invita Denis Verdini che ricorda il mercato delle vacche parlamentari ai tempi di D’Alema, i conflitti d’interesse atavici del Pd in Toscana, ed altre amenità mentre. Mentre scorrono i titoli di coda, occhio. Sicchè, per lo spettatore che si aspettava qualcosa di coraggiosamente inedito e già sfibrato dagli abbondanti esempi di partigianeria che affollano la tv, la sensazione è quella del livore. Roba fastidiosetta, specie prima di coricarsi...