Resistenza
Street art, Laika lascia una nuova opera a via Rasella: basta revisionismi storici
Una nuova opera della street artist Laika è comparsa all'alba del 3 aprile in via Rasella a Roma. Il poster raffigura un soldato nazista che suona un trombone dal quale esce la parola "dimissioni!" . Sì proprio a via Rasella dove morirono le SS del Polizeiregiment Bozen a seguito di un'azione dei partigiani contro l'invasore tedesco. Con quest'opera Laika risponde alle dichiarazioni del presidente del Senato Ignazio La Russa che pochi giorni fa ha tentato di "riscrivere" una delle pagine della Resistenza italiana, quella di via Rasella, e pure a Giorgia Meloni che parlando delle vittime delle Fosse Ardeatine ha detto che vennero "Uccisi perché italiani". “È inammissibile!”, ha tuonato Laika parlando di "becero tentativo di revisionismo storico". L'artista sostiene che "trasformare, a distanza di anni, dei militari del Polizeiregiment Bozen, quindi NAZISTI, in musicisti semi-pensionati (impossibile data la giovane età dei soldati ), è un insulto a tutte le vittime del nazifascismo (oltre a tutti i poveri musicisti semi pensionati". "I nostri nonni", ha aggiunto Laika, "hanno lottato e sacrificato la loro vita per porre fine alla dittatura fascista. Certe affermazioni sono intollerabili. Non c’è spazio per i fascisti in questo Paese, tantomeno al governo. Il presidente La Russa non è degno di rappresentare quella carica: dovrebbe dimettersi e studiare bene la storia".
L'opera di Laika è dedicata a Marisa Musu, partigiana, gappista, che quel 23 marzo del 1944 era presente a via Rasella, ma anche “ai nostri nonni” che hanno sacrificato la vita per un paese democratico. Lallo Orlandi Posti, mio zio, non riuscì mai a diventare nonno, e neppure papà, ma è dedicato anche a lui il poster di Laika. Fu trucidato alle Ardeatine dopo essere stato torturato nella caserma delle SS in via Tasso; nella sede del comando nazista Lallo ci stava perché era antifascista. Iscritto alle scuole magistrali voleva fare il medico, ma a diciassette anni era entrato nella Resistenza: stava tra gli studenti, le donne, gli operai che cercavano di respingere le armate tedesche a Porta San Paolo e sulle rive dell'Aniene; seminava chiodi per strade per fermare le autocolonne tedesche, trasportava armi, partecipava alle dimostrazioni per boicottare le lezioni all'università da dove erano stati esclusi gli ebrei e gli antifascisti. Lo hanno fermato la mattina del 3 febbraio 1944 subito dopo essere riuscito ad avvertire i compagni di un'imminente retata.
Aveva visto un'automobile delle SS aggirarsi all'alba per Montesacro e aveva capito che da lì a poco sarebbe partita la caccia all'uomo. Ma invece di darsi alla fuga cercò di salvare quanti più partigiani possibile. Una corsa di quattro ore di casa in casa, da via Monte Nevoso a viale Adriatico, da via Peralba a via delle Alpi Apuane, da via Montebianco a Corso Sempione dove vorrebbe salutare la sua amata Marcella prima di fuggire come gli altri nel campanile della chiesa vicina o nelle campagne del viterbese. Un gesto d'amore che gli è costato caro: le spie fasciste del quartiere sapevano che ovunque si fosse cacciato non avrebbe mai rinunciato a salutare la figlia del barista. Proprio davanti al Bar Bonelli in corso Sempione scattò la trappola: bloccato dalla polizia di sicurezza tedesca venne consegnato a via Tasso nelle mani di Erich Priebke.
Lallo Orlandi Posti aveva compiuto da pochi giorni diciotto anni quando venne trucidato nelle cave delle Ardeatine. Fu ammazzato con un colpo di pistola alla testa dopo 50 giorni di torture fisiche e morali subite nel carcere di via Tasso. È stato lo stesso Lallo a raccontare, beffando Priebke e i suoi sottoposti, quello che subiva in quel luogo di tortura e prigionia. Il martedì e il venerdì la madre Matilde e la sua amica Bruna andavano, infatti, a ritirare la biancheria di Orlando a via Tasso. Il capitano Priebke controllava l'ingresso di fianco a un interprete che urlava il nome del detenuto e consegnava i pacchi ai parenti. Matilde portava via i panni sporchi del figlio che contenevano, arrotolati e infilati nei canali dei colletti delle camice, i bigliettini che Lallo scriveva. Zio Lallo è stato sotterrato nelle cave delle Ardeatine, ma era un seme antifascista che è germogliato.