Storie che finiscono
Perché separarsi consensualmente: una serie di buone ragioni
Quando una storia d’amore finisce, le ragioni per litigare si moltiplicano (figli, case, denaro, cani, gatti, arredi, vacanze e chi più ne ha più ne metta). Le parti ripongono negli avvocati e nel giudice l’aspettativa vitale e feconda di strategie e reazioni; di proposte e risposte; c’è l’interesse curioso e carico di aspettative alle verità processuali che deviano la mente dal contesto reale. A volte c’è anche la rimozione della solitudine, poiché la coppia litigante, per timore di riconoscere subito la conclusione di un amore, si affida al contenzioso processuale che rimanda nel tempo, fino all’emissione della sentenza, la cessazione del reciproco sentimento.
È proprio questa l’ambiguità dei procedimenti di separazione: l’esito doloroso è certo ed è all’origine della causa in tribunale. Il risultato del processo (la sentenza), invece, è qualcosa di imponderabile che, lontano nel tempo, ratificherà un destino già compiutosi. Aspettare la sentenza dà inquietudine, ma consente di lottare e di sperare, persino di autoingannarsi e di fingere, prendendosi tutto il tempo che è necessario a capire e ad accettare la fine dell’amore.
Esiste, tuttavia, un modo sano e corretto di vivere la separazione e bisogna saperlo scegliere per non sentirsi sconfitti e sopraffatti dalla paura, dal dolore, dal pregiudizio (e dalle sentenze). Mi riferisco alla strada consensuale. La fine dell’amore, infatti, non deve necessariamente trasformarsi in una guerra. Così come occuparsi di giustizia non significa trascurare i sentimenti. Anzi, obbliga a rispettarli e, prima di tutto, a comprenderli.
Sicuramente per affrontare la separazione consensuale servono consapevolezza e conoscenza di che cosa preveda la nostra legge, sia in termini di diritti sia in termini di doveri (compresi quelli legati alla recentissima riforma della giustizia).
Gli elementi in gioco sono moltissimi: sentimenti, emozioni, abitudini, scelte di vita, caratteri, certezze personali, promesse. Per questo, le norme giuridiche non possono essere applicate dogmaticamente e non possono rispondere perfettamente a qualsiasi situazione familiare. La legge, infatti, esprime i criteri generali che devono essere applicati da chi li invoca e che delineano il legittimo perimetro delle reciproche pretese.
Gli avvocati specializzati nel diritto di famiglia devono essere d’aiuto proprio per spiegare a ciascuno fino a dove ci si può spingere, che cosa si può domandare e che cosa creerebbe solo discussioni sterili. Devono essere d’aiuto, anche e sicuramente, per evitare che le parti trascurino i propri interessi a favore dell’altro (magari per eccesso di senso di colpa o per desiderio di risolvere tutto nel minor tempo possibile). L’avvocato esperto del diritto di famiglia, infatti, conosce e anticipa le difficoltà che la separazione porta con sè ed evita che vengano assunte decisioni affrettate, riparatorie o tecnicamente non corrette.
Quello che è certo, però, è che per quanto i professionisti possano studiare, approfondire, inventare strategie, raccontare la storia della coppia, nessuno può conoscerla meglio dei protagonisti stessi. E, di conseguenza, meglio di chiunque altro sono proprio i protagonisti a poterne determinare le condizioni della fine, senza lasciare che la decisione sia imposta dall’alto.
di Avv. Marzia Coppola
Studio legale Berardini de Pace
marzia.coppola@abdp.it