Famiglie

Il terzo genitore. Diritti e doveri del patrigno e della matrigna 

Una realtà sempre più diffusa è quella di famiglie ricomposte dove tutti i componenti (o anche solo alcuni) hanno già avuto l’esperienza di una famiglia precedente a quella attuale. È diventato importante, quindi, capire quale sia il ruolo e il perimetro d’azione del cosiddetto “terzo genitore”. Adulto che può essere tanto in conflitto con i figli del partner quanto un vero e proprio punto di riferimento e una stimolante opportunità per i bambini. Sicuramente una figura ben lontana dagli stereotipi di patrigno o matrigna cattivi che ci arrivano dal passato. 

Si pone anche un problema lessicale posto che, appunto, parlare di matrigna o di patrigno richiama una valenza negativa e anche un po’ dispregiativa, legata alle favole che hanno sempre attribuito questo ruolo a una persona malvagia. Senza contare che anche nel dizionario della lingua italiana (Palazzi), alla voce “matrigna” si legge: “la seconda moglie del padre in relazione ai figli di primo letto, ossia avuti dalla prima moglie” e si legge anche “madre non amorevole, crudele”. 

Oggi i termini matrigna e patrigno sono stati sostituiti, per esempio, da “terzo genitore”. Ma, a mio avviso, parlare di “terzo” lascia intendere una sorta di intrusione in una realtà già esistente. Si parla, anche, di “genitore sociale”. Però, in questo caso, sembra che si tratti di qualcuno di imposto dalla società e dalla cultura. 
La verità è che ogni definizione in uso porta con sé una descrizione o classificazione di quello che è il ruolo di questo adulto all’interno della famiglia. 

Svolgere il ruolo di terzo genitore non è facile, ci vuole pazienza, diplomazia e spirito di adattamento. Bisogna saper osservare senza intervenire e intervenire senza dare l’impressione di volersi sostituire ai genitori. Bisogna farsi carico delle responsabilità che, essendo un adulto, comunque sia, quel ruolo porta con sé, ma senza poter contare anche su veri e propri diritti. Per quanto, sicuramente, questa evoluzione familiare ha comportato anche un’evoluzione giurisprudenziale; oltre alla presa di posizione dei professionisti rispetto a come il genitore sociale debba e possa amalgamarsi al partner e ai suoi figli. 

Numerose sentenza, infatti, riconoscono l’importanza di tutelare il legame tra il minore e il genitore sociale, soprattutto se, nel tempo, ha compensato la mancanza del genitore biologico (assicurando al minore benessere psicologico e serenità nel percorso di crescita). E’ valorizzata, quindi, la situazione di fatto che può crearsi in famiglia rispetto alla tutela assoluta della verità biologica (ossia essere figlio o figlia di quel genitore per nascita). 

I giudici, gli psicologi e i consulenti del tribunale, comunque sia, suggeriscono sempre grande cautela nell’introdurre il nuovo partner al figlio, soprattutto quando la relazione non è stabile o è appena iniziata. Questo perché i minori potrebbero affezionarsi a quell’adulto dal quale, poi, potrebbero doversi separare (magari soffrendone) qualora la coppia dovesse sciogliersi. Senza contare che, comunque sia, è sempre meglio attendere che i bambini si siano adattati alla nuova situazione familiare (la separazione dei propri genitori o il lutto di uno di essi) prima di introdurre in famiglia una nuova figura di riferimento.  

Quello che è certo e che vale per tutti (separati, divorziati, vedovi) è che la famiglia allargata impone a tutti coloro che ne fanno parte maggior disponibilità nell’entrare in empatia con gli altri. Bisogna imparare a capirsi, a non polemizzare, a non soffermarsi sulle criticità degli altri e, al contempo, chiarire che cosa non può davvero essere tollerato. Solo in questo modo, è al di là di qualsiasi riconoscimento giurisprudenziale, le famiglie ricomposte possono essere un’occasione per far crescere i bambini con senso di appartenenza e di unione. 

Avv. Marzia Coppola 
marzia.coppola@abdp.it     
Studio legale Bernardini de Pace