Il film degli orrori
Il caso del Fight Club per bambini
A naso, il ragazzino ha otto anni, appiccicati su un sorriso triste e uno sguardo di sfida. E’ un nero d’Africa, si chiama Junior, ed è anche una star di Tik Tok sulla scia del molto più noto Khaby Lame che, però, nella sua leggerezza, non potrebbe essergli più diverso.
Junior è a suo agio in video. Lo è meno, evidentemente, in mezzo a ragazzini più grandi, a occhio tra gli undici e i quindici anni. E i più grandi, di sera, incuranti della piazza affollata di Rimini dove accade tutto, cominciano a circondarlo; lo provocano su una virilità in anticipo sui tempi, e lo incitano a prendersi a botte con un altro ragazzino, sconosciuto, che passa di lì per caso. I due bimbi si spaventano, sono paralizzati, vogliono scappare. I grandi li avvicinano e li rinchiudono nell’angolo di un ring invisibile: “Picchiatevi! Picchiatevi!”. E, alla fine, incitati dalle grida belluine degli astanti, come in un combattimento clandestino fra galli messicani, o fra bulldog del Nicaragua, i piccoli si spingono allo scontro, mulinano spinte, pugni e testate, si massacrano di botte. Grida e sangue a fiotti diventano la cornice di un’ordalia che nulla ha d’umano. Queste le scene vanno a loop su Tik Tok e vengono mandate in onda su Raidue dal programma Ore 14, con le opportune pixillature sul volto dei minorenni. Ore 14, da qualche giorno, va denunciando questa nuova efferatezza tanto di moda fra ragazzini. “Si tratta di un fight club per bambini” dice in diretta il conduttore Milo Infante “mai vista una roba del genere…”. Non avrei voluta vederla neanch’io. L’immagine dei bambini che tentano di fracassarsi ossa e setto nasale e lasciano sul marciapiede qualsiasi brandello d’umanità è una delle più penose che un padre possa osservare. Il mio figlio più piccolo ha l’età di Junior, il mio più grande quella del suo carnefice. Chiudo gli occhi. Rabbia e impotenza sono nella stessa lacrima. Dopodiché, Infante fa scorrere un altro filmato, un’altra lentissima, spiazzante liturgia dell’orrore. Stavolta le protagoniste sono due ragazzine adolescenti che sembrano amiche. Sembrano. Nel momento in cui gli eccitati coetanei maschi chiedono loro di prendersi a pugni -a pagamento “dalle un pugno, dai ti do cinque euro!”- le due si trasformano in Erinni. Si tirano capelli, si avvinghiano, rotolano a terra fino a sfondarsi le gengive. Ancora più impressionante. E a tutto questo s’aggiunge l’estemporanea rissa di adolescenti a Cassino, pubblicata da Rainews: due giovani donne che cominciano a lanciarsi sedie in testa come nei vecchi incontri di wresling, mentre una folla di coetanei orribilmente beoti riprendono la scena per impiattarla sui social.
E il pensiero, qui, non mi corre più al romanzo Fight Club di Chuck Palahniuk; qui non c’è alcuna metafora nascosta dietro al consumismo di massa e al disagio della classe media mentre il protagonista, un impiegato inghiottito dal proprio crudele alter ego “auspica la distruzione della civiltà a favore del ritorno di un deserto primigenio”, come ringhiava Palahniuk. No. In questo caso non sussistono alibi letterari. Non c’è metafora, non esiste uno scopo sociale, nei gesti puramente bestiali che scandiscono le risse non riverbera nessun sogno, nessuna provocazione, perfino nessuna patologia. Qui è come nel Signore delle mosche di William Golding: si vedono soltanto gruppi di ragazzi rimasti soli e senza guida in un’isola dove cominciano un po' alla volta a regredire ad uno stato umano sempre più primitivo, fino ad arrivare al disprezzo totale e reciproco della vita umana. Il problema più grosso è che ragazzi simili che scorrazzano nelle piazz d’Italia sono sì impuniti, ma pure inconsapevoli di non sapere maneggiare ogni senso d’etica; quando la polizia li ferma, di solito, piangono tutti come vitelli e si stupiscono, e non si capacitano neppure della gravità dei loro gesti. Junior, il ragazzino, lo si rivede anche in altri video; è famoso per un slogan idiota ma di successo fra i giovani “a me non mi piacciono i mangiapasta come Sferaebbasta”. Di lui, in Rete, gira un’intervista in cui, a chi gli chiede se picchierebbe suo padre per un milione di euro, risponde: “Certo che lo farei fratello, perché sono povero come la merda”. A otto anni.
La redazione di Ore 14 è sconvolta quanto me. Ha fatto un esposto, ha denunciato i fatti di Rimini alla Polizia postale di Milano che l’ha passata alla Procura lombarda che l’ha trasferita per competenza ai colleghi di Rimini (se ne occupa il vicequestore Lisa De Berardino). Vuole evitare l’emulazione, e impedire che queste challenge assurde possano portare ad situazioni ancora più devastanti. La denuncia va sempre bene, anche se temo possa essere tardi. Golding scriveva "Gli umani producono il male come le api producono il miele”. Ma non è tanto quello. L’incubo peggiore è che i tuoi figli, in tutto questo, possano essere non tanto le vittime, ma i carnefici…