L'ultimo sguardo della madre
Dalle querele di Infante, ai blitz di Frazzitta: tutti i misteri di Denise Pipitone
Piera Maggio è una madre tenace. Si è allenata, negli anni, a trasformare il suo dolore in speranza e, talora, in sorrisi.
Uno dei video più cliccati su Rai Play è il discorso con cui la madre di Denise Pipitone –la bambina scomparsa nel 2004 a Mazara Del Vallo, al centro dei uno dei più controversi casi di cronaca italiana di sempre- ha chiuso il ciclo stagionale di Ore 14. In quei fotogrammi densi di commozione, il conduttore del programma di Raidue, Milo Infante mostra uno sguardo liquido che si incrocia con quello fiero e dignitoso della donna, spiazzata dal fatto che - per qualche misterioso arabesco del destino e soprattutto della politica- la tanto decantata “Commissione parlamentare su Denis Pipitone” non è mai davvero partita. Non si sa come non si sa davvero perché, questioni di equilibrismi tra partiti, dicono. Comunque, è una mazzata. L’ultima mazzata di un oblio indotto che –come dice Infante- “ha relegato Piera Maggio all’ergastolo. Fine pena mai. Non saprà mai che fine ha fatto sua figlia. E’ una condanna feroce”. Di più.
Ogni ulteriore tentativo di cercare la verità su Denise è oramai frutto soltanto della cocciuta iniziativa dei privati. Lo Stato se ne fotte. L’ultimo esempio è quello di Antonia Cerasela, una ragazza rom che era finita sotto l’attenzione dei media per un filmato in cui la si vedeva effettuare una videochiamata con un’amica. Nel corso della conversazione, qualcuno l’aveva chiamata “la Denisa”. La sua somiglianza ha fatto pensare a una Denise cresciuta. Ma è soltanto grazie agli avvocati di Piera Maggio Giacomo Frazzitta e Ottavia Villini che si è potuto accertare che la “Denisa” non era affatto Denise, “oltre ogni ragionevole dubbio”. Il mese scorso, i due legali, assieme a un detective e alla genetista Marina Baldi, hanno seguito una pista investigativa quasi cinematografica. Attraverso un’operazione internazionale sono penetrati in Romania, in un campo Rom, in incognito, e lì hanno prelevato con un blitz sorprendente campioni di dna dalla Cerasela (col suo consenso); e li hanno comparati con quelli dei genitori di Denise Pipitone, Piera Maggio e Pino Pulizzi. Il tutto non senza –pare- essere coinvolti in un inseguimento automobilistico e in una vicenda attraversata da brividi adrenalinici. L’operazione è stata documentata dall’avvocato Frazzitta, vecchia volpe dei processi penali più aggrovigliati (tra i più noti il caso dell’avvocato ligure Corini, la cui sorella venne assolta in appello dopo anni di calvario). Piuttosto curioso che questo blitz rumeno non fosse a carico dello Stato, ma degli avvocati di parte. Ma questo è solo uno dei mille interrogativi che avvolgono le spoglie del caso Denise.
Altra bizzarria è lo spropositato numero di indagati tra i giornalisti che questa assurda vicenda ha prodotto. Milo, che di fatto, ha costretto i pm a riaprire il caso, è indagato per diffamazione aggravata. Assieme a lui almeno una mezza dozzina di colleghi televisivi e di carta stampata, compreso il sottoscritto. Vi assicuro che la cosa è seccante. La querela a seguito di un legittimo diritto di critica e l’indagine non verso ignoti rapitori ma verso noti cronisti, e la successiva richiesta di archiviazione del caso, be', hanno un sapore kafkiano. Idem, date le conseguenze, per i pm che lamentano “l’influenza dei media sul caso”. Ora, è vero che la spettacolarizzazione della cronaca nera è un vecchio vizio della tv, dei “pulicinella televisivi”, li chiama giustamente Milo. Ma qui si parla di una semplice e accurata azione investigativa della libera stampa. La ricerca di una verità perduta nello sguardo di una madre coraggiosa.
A parziale consolazione di Infante, la Rai gli ha concesso uno speciale di prima serata sulla morte di Liliana Resinovich, altro delittazzo il cui racconto farebbe la gioia di giallista ingordo, di un Pinketts o, meglio, di uno Scerbanenco. Ma sono gli occhi di Piera Maggio a rimanere sempre lì, rubati alla telecamera…