Luci e ombre dell'evento (più luci)
L'intervista a Papa Francesco, Fazio e la parabola dei Kiss
“Perché Dio consente che i bambini muoiano? Me lo chiedo e non so rispondermi. L’unica soluzione è spiegare che Dio è onnipotente ma nel bene, è che bisogna soffrire assieme a loro…”. Hai detto niente.
Mentre Papa Francesco, nell’oramai leggendaria intervista a Che tempo che fa (Raitre con ascolti triplicati del 30% di share) si sofferma su uno dei più cupi misteri del creato, i miei figli sono sprofondati sul divano e lasciano cadere le figurine dei Pokemon. Attratti irresistibilmente da quel signore dall’italiano incerto in papalina retrattile e veste bianca che “somiglia un po’ a Stanlio di Stanlio e Ollio”, Gregorio Indro e Tancredi vengono sbatacchiati dal suo vento del logos, anche se non hanno la più pallida idea significhi. Il Papa parla della “gestione criminale dei migranti” (ma lancia anche un messaggio politico sulle “quote” di accoglienza che ciascuno Stato potrebbe mettere a disposizione) e della sua idea, da piccolo, di fare il macellaio “per questione di soldi”; del fatto di non poter fare a meno degli amici e di poter fare a meno del clericalismo, il peggiore dei mali (“Ecco perché vivo a Santa Marta, gli altri papi erano santi, io non me la cavo”); del Covid e della guerra; dei lager in Libia e del Mediterraneo come “cimitero”. Parla di tutto quello che ci aspetta da lui, il Papa. Anche Fabio Fazio, intimorito, chiede tutto quello che pensi gli avrebbe chiesto. Ma c’è qualcosa che trattiene i miei ragazzi, li avvinghia come l’edera, come una forza misterica, come se fossero in classe inchiodati davanti alla maestra. Quando Francesco dice di aver ballato il tango, Gregorio, che di solito dedica più di dieci minuti della sua attenzione solo ai concerti dei Kiss e alle partite del Milan, qui si ferma e sorride: “Figo, però…”.
Non ci sono notizie particolari, peraltro, in quest’intervista ambientata, a distanza, in un salottino glabro e minimalista. Il Financial Times e Lucetta Scaraffia a Omnibus, affermano che tra il Papa e Fazio “è stata un’occasione persa, il conduttore non gli ha chiesto degli abusi sessuali nella Chiesa”. Ovviamente non è vero, è stata tutt'altro che un'occasione persa.. E, nel caso della stampa estera, l’esternazione è il frutto soprattutto di invidia sociale dei colleghi per un’intervista che mai faranno nella vita (lo so perché la stessa invidia l’ho provata anch’io). E, se è per questo, Fazio poteva chiedere al Papa anche lumi sull’aborto, o sulla Legge Zan, o sul sacerdozio femminile. Certo, quello sarebbe stato ottimo giornalismo. Ottimo ma non essenziale, in fondo. Fazio, che ha la grande capacità di rendere empatiche anche le piante, qui non doveva fare esattamente giornalismo. Il Papa in tv come Lady Gaga si staglia nella storia del piccolo schermo, in realtà, come un gigantesco evento di comunicazione globale; e anche come una forma di evangelizzazione del pubblico accompagnata da potente impatto emotivo. Che poi, insomma se ci intigniamo sulla falsa diretta o sullo swatch al polso del Pontefice con un orario sospetto, be’, perdiamo di vista la portata dell’evento
L’unico precedente è stato l’intervento di Papa Wojtyla a Porta a porta, su Raiuno, con Vespa per l’unica volta spiazzato. Ma erano altri tempi, il Papa viveva allora una posizione di siderale distacco col resto del mondo. Oggi il gesuita Bergoglio vive nei media; Tv 2000 riempie i palinsesti delle sue giornate, dei suoi viaggi e della sue encicliche, per dire. Il passaggio da Fazio è quasi un transito naturale: è la presenza in una trasmissione molto cattolica di sinistra che alterna i suoi respiri sociali, da sempre, sui passi di Francesco. La cosa più divertente è stato il racconto dell’episodio del Santo Padre che, di notte, benedice un negozio di dischi a Roma. Chissà se lì ascoltavano i Kiss…